 |
Una scena tratta dal film "Prendimi l'anima"(2003) di Roberto
Faenza, ispirato alla vita e alle vicende di Sabina Spielrein,
interpretato da Emilia Fox e Ian Glen |
Sabina
Nikolaevna Špil'rejn-Šeftel'
(Сабина Нафтуловна Шпильрейн; 7
novembre 1885 - 12 o 14 agosto, 1942) è stato un medico russo e una delle prime
psicoanaliste donna.
Fu prima paziente, poi studentessa quindi collega di Carl
Gustav Jung. Appignanesi e Forrester (1992) scrivono
di lei che “inaugurò, come paziente, la sua carriera di analista” (p. 117).
Ebbe un rapporto epistolare e professionale con Sigmund Freud. Uno
dei suoi più famosi analizzandi fu lo psicologo dell'età evolutiva svizzero
Jean Piaget.
Nonostante il suo lavoro sia di gran lunga antecedente a quello di Melanie
Klein – ricordiamo che la tesi di laurea in medicina Il contenuto psicologico di una caso di schizofrenia (dementia praecox)
fu discussa nel 1911 e pubblicata lo stesso anno nello Jahrbuch für Psychoanalitische und
Psychopathologische Forschungen, dieci anni prima del kleiniano Lo sviluppo di un bambino (1923) – il
suo lavoro è stato poco riconosciuto. Carotenuto (1986) sottolinea questo
aspetto in particolare in relazione al lavoro “La distruzione come causa della nascita” scritto nel 1912. Sappiamo infatti che grazie ad esso Freud arriverà
ad una diversificazione circa la teoria della pulsione nel 1920, in Al di là del principio di piacere (Robert,
1964; Carotenuto, 1986). Freud citerà la Spielrein nei seguenti
termini: “Buona parte di questi concetti è stata anticipata da Sabina Spielrein
(1912) in un suo erudito e interessante lavoro, ma che, disgraziatamente, mi
appare poco chiaro. Ella definisce l'elemento sadico della pulsione sessuale
come ‘distruttivo’ ”.
Scrive Spielrein (1912): “Quando ho
scritto questo saggio, non era ancora stato pubblicato il libro del Dr. Stekel
‘Il linguaggio dei sogni’. Nel
libro l’autore dimostra sulla base di numerosi sogni, che insieme al desiderio
di vita noi abbiamo il desiderio di morire. Quest’ultimo desiderio egli lo
considera come l’opposto del desiderio di vita che è implicito nell’essenza
dell’istinto sessuale [...] Ritengo che i miei esempi dimostrino abbastanza
chiaramente, come provano alcuni fatti biologici, che l’istinto riproduttivo è
costituito anche dal punto di vista psicologico da due componenti
antagonistiche ed è perciò altrettanto un istinto di nascita quanto di
distruzione” (p. 114).
La Spielrein fondò intorno al 1923, con
Vera Schmidt, l’Asilo Bianco. Tra
i lavori della Spielrein in campo infantile ricordiamo L'origine delle parole infantili papà e mamma (1922) e
l’utilizzo della tecnica del disegno ad occhi aperti e chiusi (1928).
Circa il tema del sogno, l’unico volume
disponibile in Italia in relazione al lavoro della Spielrein, è ricco di intuizioni
teoriche. La Spielrein (1912) nei suoi primi scritti si attiene alle conoscenze
già approfondite da Stekel, Freud e Jung sul simbolismo:
“Una donna mi
raccontava che mentre un dente le veniva estratto sotto narcosi aveva sognato
il distacco del parto. Non ci meraviglia che nei sogni l’estrazione dei denti
si presti così bene a simbolizzare il distacco del parto. Ora abbiamo: distacco
del parto = estrazione dei denti = castrazione, cioè la procreazione viene
intesa come una castrazione” (p. 111).
L’autrice tuttavia, in maniera
coraggiosa rispetto a quanto riterrà utile in seguito Melanie Klein, non avrà
particolari remore nell’esprimere le sue idee in netto contrasto con
Freud.
In Il contenuto psicologico di un caso di schizofrenia, il
contributo della Spielrein (1911) diventa quindi particolarmente originale:
“Il
materiale da me raccolto offrirà numerose prove per gli studiosi che analizzano
l’analogia tra sogno, psicosi e mito. L’esistenza di un tale rapporto mi pare
possibile solo ipotizzando che un modo di pensare arcaico agisca ancora nel
presente” (pp. 73-74).
Secondo l’autrice, il linguaggio schizofrenico non è
illogico, bensì può essere compreso se letto attraverso i codici di un
linguaggio più arcaico, rispetto a quello di cui si fa uso corrente: tale
linguaggio è direttamente legato a quello del sogno.
La Spielrein offre quindi un approfondimento
di questo punto di vista nello scritto Il
tempo nella vita psichica subliminale (1922) in cui collega i pensieri
preconsci a quelli coscienti ma presenti nel sogno:
Ancor più nettamente spaziale è un
altro sogno del signore pocanzi menzionato, che vede una situazione per lui
penosa come un paesaggio che diventa sempre più piccolo, perdendosi in
lontananza. Egli vuole dire cioè, come nel suo precedente sogno: “ciò
appartiene al passato remoto”, cioè come nel suo precedente sogno: “ciò apparterrà
fra poco al passato remoto”. E’ ancora una volta un divenire, che è tanto
presente continuo quanto futuro. Ed ecco un altro esempio interessante di come
si raffigura la valutazione della durata temporale nel pensiero preconscio
[...] “Io sogno” mi scrive, “che mi trovo in una grande piazza bianca,
asfaltata. Da qui si dipartono strade in varie direzioni: quella a est porta
verso il mare. Io vado a ovest e dico fra me e me che devo svegliarmi fra due
ore. La strada verso ovest è in leggera salita e viene tagliata due volte ad
angolo retto da strade dritte. Io penso: ecco la prima ora, ecco la seconda”.
[...] Si tratta veramente di un sogno? – un sogno è qualcosa di più. Possiamo
osservare direttamente come un proposito cosciente, quello di svegliarsi dopo due
ore, continui a vivere e ad essere elaborato, travestito col linguaggio
figurato del preconscio: i due tratti di tempo (le due ore) diventano due
tratti di strada; questa immagine viene poi adoperata come materiale onirico.
(Spielrein, 1922, p. 118).
In questo scritto la Spielrein (1922)
sembra precorrere il pensiero di Bion (1967); quindi spiega che il contenuto
del sogno riguarda la rappresentazione della situazione presente del sognatore,
talvolta modificata per questioni di comodità di utilizzo del materiale onirico
(il sognatore deve ricordare di svegliarsi).
Spielrein (1922) pone quindi il
problema dell’essenza del sogno. Ricordiamo che per Freud si parla di sogno
solo quando c’è la formazione di un desiderio. Ma l’autrice nota che ad esempio,
negli stati di grave affaticamento è difficile sognare, e che non sempre il
sogno riguarda l’appagamento di un desiderio. Definisce sogni incompleti quei sogni che, fatti in uno stato di angoscia,
depressione grave o stato di affaticamento, sembrano più simili ad una
rappresentazione della situazione presente del sognatore che ad appagamenti di
un desiderio. Quindi rileva la somiglianza tra il linguaggio onirico e quello
di alcune lingue che “non conoscono il tempo come direzione, ma solo come
durata” (p. 120). Il russo, ad esempio secondo l’autrice, ha molte analogie con
il linguaggio del sogno: “il linguaggio verbale in questi casi crea le proprie
rappresentazioni, così come nel sogno, attingendo a materiale preconscio” (p.
122).
Riepilogando Spielrein (1922) fornisce
le seguenti informazioni sul sogno: il sogno non si
può raffigurare come direzione; nel sogno la
direzione è trasformata in durata; il passato nel
sogno non è un vero passato ma un “non-esserci” ovvero un “non-esserci-più”; il sogno, come
il pensiero del bambino, non distingue la direzione temporale ma soltanto la direzione finale o futura.
Il contributo della Spielrein appare
subito innovativo rispetto ai temi presentati durante la stessa epoca dai suoi
colleghi maschi. Spielrein non parla più soltanto di desiderio (Freud) o di
simbolo (Jung), ma fa riferimento allo stato mentale del sognatore in relazione
al sogno (stati depressivi, stati psicotici), e alle capacità del sogno di
pensare contenuti coscienti (elementi coscienti emergono nel sogno ad uso del
sognatore).
La Spielrein, cercando di centrare il
bersaglio nel trattare il complesso argomento del lavoro onirico, azzarda interessanti paragoni tra linguaggio del
sogno e linguaggio arcaico, linguaggio del sogno e Preconscio, linguaggio del sogno e lingue che non distinguono le
coordinate temporali con esattezza come il russo; inoltre, Spielrein cerca di
cogliere gli aspetti atemporali dell’elemento onirico nelle sue complesse
sfaccettature.