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mercoledì 5 luglio 2017

Fluttuazioni narcisistiche e compassione nello sviluppo e decorso dei DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare)



Searching all directions with your awareness, 
you find no one dearer than yourself. 
In the same way, others are thickly dear to themselves. 
So you shouldn't hurt others if you love yourself.

(TheravadaUdana 47 - Rajan Sutta)

Viruncamban, uno dei dodici giganti demoni guardiani Ramayana all'aereoporto Suvarnabhumi (Bangkok, Thailand). La statua riproduce lo stesso gigante del Temple of the Emerald Buddha (Wat Phra Kaew). Viruncamban, dal volto blu e gli occhi da coccodrillo, aveva il potere di rendersi invisibile. Fu eletto da Tosakanth dopo che la meditazione del demone era stata interrotta. Dopo aver assistito alla morte dell'amico stretto Satasoon per mano di Hanuman, Viruncamban si rese invisibile a sé stesso e al suo esercito, e scurì il cielo per facilitare la sua fuga nell'oceano, mentre la sua falsa immagine combatteva instancabilmente. Sotto suggerimento di una fanciulla celeste denominata Wanarin, Viruncamban si nascose sotto il letto dell'oceano vicino al Monte Akatkiree.

Un recente articolo pubblicato sulla rivista Eating Behaviours ha esaminato il ruolo della compassione verso di sé, nelle problematiche relative all’immagine corporea e allo stile alimentare.
Cos’è la compassione per sé stessi? Essa riguarda un atteggiamento di cura e gentilezza verso di sé, piuttosto che di giudizio; la capacità di riflettere sul proprio dolore con umanità, piuttosto che rifugiarsi nell’isolamento; la consapevolezza dei propri limiti, piuttosto che rimuginare sui fallimenti (Neff, 2003a). 
Quali sono i rapporti tra autostima e compassione per sé stessi? L’autostima può essere definita come una valutazione complessiva positiva di sé (Rosenberg, 1965); la compassione riguarda invece una forma più stabile e incondizionata di cura di sé, che si differenzia dalle fluttuazioni narcisistiche (ad esempio assumere un atteggiamento rigidamente difensivo verso l’ottimismo o il pessimismo). In tal senso la differenza tra autostima e compassione per sé stessi consiste nell’espressione di un giudizio perentorio (polarizzato, fisso) riguardante il proprio valore, rispetto alla possibilità di accettarsi semplicemente per quel che si è nella propria unicità, cioè proprio perché “sé stessi”. 
La compassione verso di sé, ha comunque un’influenza significativa sull’equilibrio narcisistico: un sano livello di autostima infatti, prevede il riconoscimento delle proprie qualità e dei propri limiti in maniera bilanciata. Tale costrutto come aspetto basilare della compassione psicologica in senso più ampio (rivolta agli altri), è stata associato anche alla possibilità di riconoscere il proprio ruolo in situazioni di crisi, imparare dai propri errori, e alla capacità di riconoscere e accettare parti di sé (positive o meno) per ciò che sono.
In che modo la compassione verso di sé incide nello sviluppo dei DCA? Kelly, Vimalakhantan e Carter (2014) hanno trovato che il miglior predittore per lo sviluppo di disturbi alimentari consisteva in un basso livello di compassione verso di sé. Pazienti con problematiche alimentari che riuscivano a sviluppare la capacità di essere compassionevoli verso di sé durante il trattamento, mostravano una risposta migliore alle cure, nel corso di 12 settimane (Kelly, Carter, e Borairi, 2014). 
Questi dati suggeriscono che la possibilità di accettare sé stessi gioca un ruolo importante nella gestione dell’immagine corporea e nella gestione dell’alimentazione in relazione alle problematiche narcisistiche legate al piacersi fisicamente, e al “sentirsi abbastanza”. 
I ricercatori Kelly, Vimalakhantan e Carter (2014) hanno anche evidenziato un altro aspetto relativo alla compassione verso sé stessi: il timore di provarla oppure di ricevere compassione dagli altri risultava essere il miglior predittore rispetto al mantenimento della problematica alimentare. Come vengono letti questi risultati clinicamente? Ricevere compassione dagli altri o provare compassione verso di , può rappresentare un’esperienza relativamente spaventosa per alcuni individui in quanto essa implica un’ammissione di vulnerabilità (cioè della propria umanità rispetto a un’illusoria onnipotenza), che può essere negativamente letta come debolezza o fallibilità. Tale livello di perfettibilità in questi casi si scontrerà con le difese narcisistiche più resistenti (“devo essere perfetto/a o non sono niente”). 
Secondo Gilbert et al., (2011) le persone che temono di più la compassione in realtà sono convinte di non meritarla; oppure sono eccessivamente (irrealisticamente) preoccupate di abbassare i propri standard e apparire deboli agli altri (quindi in maniera amplificata a sé stessi). E’ stato visto che queste persone mostrano in media un livello più alto di psicopatologia rispetto alla popolazione totale.  
In conclusione, la capacità di ricevere e provare compassione è un importante fattore protettivo contro lo sviluppo di disturbi alimentari (così come altri tipi di dipendenze compulsive) e può facilitare la remissione dei sintomi quando il disturbo è già presente. Essa può quindi essere considerata un importante obiettivo terapeutico nel corso del trattamento dei DCA, e di altri tipi di disturbi in generale.
Bibliografia

Kelly, A.C., Carter, J.C., Borairi, S. (2014), Are improvements in shame and self-compassion early in eating disorders treatment associated with better patient outcomes? International Journal of Eating Disorders, 47(1),54-64.

Kelly, Vimalakhantan, Carter (2014), Understanding the role of self-esteem, self-compassion, and fear of self-compassion in eating disorder pathology: An examination of female students and eating disorder patients. Eating Behaviours, 15 (2014) 388-391.
Neff, K. D., (2003a), Self compassion: An alternative conceptualization of a healthy attitude toward oneself. Self and Identity, 2(2), 85-101.
Rosenberg, M. (1965), Society and the adolescent self-image. Princeton: Princeton University Press.

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