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lunedì 4 maggio 2020

Unicità e acrobazia. Sindrome da impostore, pseudologia fantastica, mitomania. Il millantatore o bugiardo patologico e le caratteristiche dell'identità diffusa

Karl Friedrich Hieronymus von Münchhausen, conosciuto come il Barone di Münchhausen (Bodenwerder, 11 maggio 1720 – Bodenwerder, 22 febbraio 1797), è stato un militare tedesco. È il personaggio a cui si è ispirato Rudolf Erich Raspe per il protagonista del romanzo "Le avventure del barone di Münchhausen". Il vero barone era infatti divenuto famoso per i suoi inverosimili racconti: tra questi, un viaggio sulla Luna, un viaggio a cavallo di una palla di cannone e il suo uscire incolume dalle sabbie mobili tirandosi fuori per i propri capelli.
Ed io sempre ho preferito originale 
anche tristo ad ottima copia. 
(Vittorio Alfieri)

 È una malattia che Jung identificò quando studiava Hitler, e chiamò pseudologia fantastica. Consiste nell'inventarsi una bugia e finire col credere che sia una verità.
(Federico Orlando)

I caratteri nevrotici ne soffrono in senso fruttuoso, basato cioè su una colpa dimensionata, ovverosia che corrisponde a un certo senso di inadeguatezza utile e non invalidante; consapevole dei propri limiti e potenzialità, che può aiutarli spronandoli a crescere e migliorare, proprio basandosi su un senso di realtà adeguato. I narcisisti maligni invece come illustrato nelle vignette di Kernberg (1984), possono creare facilmente un'ideazione patologica e ripetuta che fondamentalmente pone le basi per sfiorare la psicosi (un certo scollamento dalla realtà ancora nell'ambito tuttavia della fantasia). Può capitare che, come si dice in inglese, alcuni di questi personaggi tornino a casa con il cadavere ("going away with murder" espressione idiomatica che sta a significare - "farla franca"), in poche parole che di fatto essi riescano a vendersi per ciò che non sono neppure. Presentano agli altri, cioè, un ideale grandioso che di fatto non corrisponde a una concretezza raggiunta. Sono personaggi tragici, vuoti, assetati dello stesso veleno che alimentano in una corsa verso un podio inesistente, un nulla cosmico, sostenuto fortemente tra traumi infantili di mancato riconoscimento e sintonizzazione e una consistente e inesauribile vergogna. I più, li elogeranno anche, non rintracciando nei loro toni altisonanti il tipico gonfiore inconsistente. In queste circostanze connotate sempre da un sentore verso il "più", l' "alto", il "migliore" (e chi più ne ha più ne metta in tal senso) si salva solo chi scappa. Scappare quindi, da chiunque si presenti con toni altisonanti in genere è l'unica via d'uscita al meccanismo delle somme e sottrazioni - l'unico linguaggio che questi soggetti conoscono e sono in grado di proporre e riproporre in tante salse diverse della stessa solfa. La grandezza reale, o anche un'autostima equilibrata non manca mai di umiltà; l'originalità è la capacità di essere chi si è, senza bisogno di crearsi un'identità fantastica o fotocopiata. Dunque fuggite dai re del tutto io (un tutto io non so essere). Così ne parla Alice Miller: "Ho conosciuto una donna che a carnevale si dava alle più sfrenate follie, perchè ciò significava per lei l'unica possibilità di essere libera e creativa. Ma più tardi, quando essa fu in grado di mostrare l'altra faccia di sè stessa tramite la creatività, invece che mettendosi in maschera, il suo interesse per il Carnevale si limità alla realizzazione di decorazioni e costumi. Lei personalmente non volle più indossare costumi mascherati, perchè ciò le ricordava tutta la triste dissimulazione della sua vita precedente. Simili e analoghe esperienze mi hanno portato a pensare se un giorno non sarà possibile far crescere i bambini in maniera tale che essi in seguito possano apprezzare di più tutti i lati della loro natura, senza essere invece costretti a reprimere i lati proibiti con tanta intensità, da doverli poi sfogare in forma violenta e oscena. ... Il falso Sé "buono" è il risultato della cosiddetta socializzazione, delle norme sociali che i genitori ci hanno trsmesso in maniera consapevole e intenzionale, e il Sé "cattivo" pure lui falso, trova le sue radici nelle primissime percezioni del comportamento dei genitori, visibile solo dal loro figlio usato come valvola di sfogo. Esso viene considerato come la "natura umana. E' senza dubbio offensivo e scomodo per la gente venire a sapere che le valvole di sfogo, finora ben nascoste che si credeva aver trovato nell'educare i propri figli dimostrino di avere un effetto venefico sulla generazione futura. (Miller, 1989, p. 199)
Heinz Kohut: I diversi tipi di tendenza alla pseudologia fantastica possono essere classificati nel modo seguente: a) può essere dovuta a una pressione del Sé grandioso, nel qual caso le bugie attribuiscono qualche successo importante al Sé del bugiardo b) può essere dovuta alla pressione del bisogno di un oggetto idealizzato, nel qual caso le #bugie attribuiscono importanti risultati, grandi ricchezze, economiche o intellettuali, o elevato status sociale a un'altra persona che occupa uno posizione di #leadership (è cioè una figura parentale) nei confronti del paziente. Nella loro forma relativamente più manifesta le falsificazioni riguardano il padre reale del paziente o altri parenti della generazione dei genitori. (Kohut, 1971, pp. 113) Winnicott: "Il vero sé (noto anche come sé reale, sé autentico, sé originale e sé vulnerabile) e il falso sé (noto anche come sé sociale, sé idealizzato, sé superficiale e pseudo sé) sono concetti psicologici, originariamente introdotti in psicoanalisi nel 1960 da Donald Winnicott . Winnicott ha usato il vero sé per descrivere un senso di sé basato su un'esperienza autentica spontanea e la sensazione di essere vivi, di avere un sé reale. Il falso sé, al contrario, Winnicott vedeva come una facciata difensiva, che, in casi estremi, poteva lasciare i suoi detentori privi di spontaneità e sentirsi morti e vuoti, dietro una mera apparenza di essere reali. I concetti sono spessi citati in relazione al narcisismo" Kernberg: "Vi è (...) un gruppo di pazienti che si colloca tra il disturbo narcisistico di personalità e il disturbo antisociale di personalità; esso è caratterizzato da ciò che io denomino sindrome di narcisismo maligno (1984). Tale sindrome è definita dalla combinazione di: 1) un disturbo narcisistico di personalità; 2) un comportamento antisociale; 3) aggressività egosintonica o sadismo rivolto verso gli altri o espresso mediante un particolare tipo di automutilazione trionfante o tentativi di suicidio; 4) un forte orientamento paranoide". Per pseudologia fantastica (o mitomania o bugia patologica) si intende un'elaborazione intenzionale e dimostrativa di esperienze o eventi molto poco probabili e facilmente confutabili. In un lavoro del 2012 Katie Elizabeth Treanor la definisce "l'abituale, prolungata e ripetuta produzione di mistificazioni, spesso di natura complessa e fantasiosa (...), bugie facilmente mascherabili che non vengono utilizzate per ottenere un tornaconto materiale o qualsivoglia vantaggio sociale, quanto per accrescere la propria autostima o proteggersi dal giudizio altrui". Il paziente fa sue, come vissute, le esperienze che inventa di sana pianta, elabora ricordi come se fossero momenti realmente vissuti. La pseudologia fantastica è una categoria nosografica che è stata discussa in psichiatria, descritta per la prima volta da Anton Delbrück nel 1891, caratterizzata dal ricorso abituale alla bugia. Si ritrova in soggetti narcisistici, istrionici o psicopatici (i cosiddetti "bugiardi patologici") e può riguardare i più disparati eventi o argomenti (luoghi, avventure galanti, situazioni improbabili, etc.), amplificati parossisticamente fino a raggiungere gradi altissimi di inverosimiglianza. Viene considerata un prodotto diretto dell'immaginazione: non dipende pertanto da deficit di memoria e non deve quindi essere confusa con le confabulazioni. Caratteristiche principali della pseudologia fantastica sono le seguenti: Le storie raccontate sono di solito avvincenti e fantasiose, ma non vanno troppo oltre la realtà. La possibilità di verità è la chiave di sopravvivenza del bugiardo patologico. Non sono dovute a manifestazioni di depressione o a una psicosi più ampia: durante il confronto il bugiardo patologico può anche ammettere che le storie non sono vere, anche se controvoglia. La tendenza ad inventare storie è cronica; non è provocata dalla situazione immediata o da pressioni sociali, ma più da un innato tratto della personalità. Un motivo totalmente personale, e non esterno, serve a discernere la patologia clinicamente: es., situazioni pericolose o di stress possono indurre una persona a mentire ripetutamente, senza evidenza di un reale sintomo patologico. Le storie raccontate tendono a dipingere come positiva la persona del narratore. Il bugiardo "decora la sua stessa persona" raccontando storie che lo presentano come eroe o come vittima. Per esempio, la persona si presenta nelle storie come estremamente coraggiosa, dice di conoscere persone importanti e famose, o dice di guadagnare più soldi di quanti ne guadagni in realtà. (Wikipedia) Kernberg, Otto F. (1993). Severe personality disorders: Psychotherapeutic strategies. New Haven, CT: Yale University Press. Kohut, Heinz (1971) The Analysis of the Self: A Systematic Approach to the Psychoanalytic Treatment of Narcissistic Personality Disorders . International Universities Press, New York. Winnicott, D. (1960). Ego Distortion in Terms of True and False Self - The Maturational Processes and the Facilitating Environment. http://www.psicologiapsicoterapiapsicoanalisi.com/2014/10/narcisismo-e-analisi-del-se.html

domenica 15 novembre 2015

Il sogno come attività organizzatrice dell’esperienza - James Fosshage


 
Immagine tratta da: https://psychoanalyticdialoguesblog.wordpress.com/2015/07/30/by-joan-sarnat-standing-up-for-negative-feelings-in-psychoanalytic-supervision/comment-page-1/#comment-17


James Fosshage (1983, 1993, 1997; Fosshage, Loew, 1987; Lichtenberg, Lachmann, Fosshaghe, 1996) è l’autore post-kohutiano che più si è occupato di raccogliere l’eredità lasciata da Kohut sul tema del sogno, ampliando ed espandendo la teoria della psicologia del Sé sulla funzione e significato dei fenomeni onirici e integrando ai risultati della ricerca psicoanalitica quelli delle neuroscienze e degli studi cognitivi. 
 In particolare, se la psicologia del Sé di Kohut ha ipotizzato che il sogno è un fenomeno mentale molto più complesso, ovvero che assolve a diverse funzioni rispetto a quanto originariamente teorizzato da Freud, Fosshage ha sistematizzato e descritto dettagliatamente quali sono le diverse funzioni del sogno. 
 Per Fosshage (1983) “i sogni continuano gli sforzi consci e inconsci della veglia per risolvere i conflitti intrapsichici, attraverso l’utilizzazione di processi difensivi, attraverso una comprensione interna o attraverso una riorganizzazione creativa appena emergente” (p. 658). 

Il sogno rappresenta pertanto un processo di pensiero complesso, che si svolge durante il sonno, e la cui funzione centrale è l’elaborazione dell’informazione attraverso due modalità cognitive: la modalità del processo primario, immaginativa e dominata dai sensi; e la modalità del processo secondario, fondata su un piano verbale (Fosshage, 1997).
Queste due forme di elaborazione comparirebbero nel sogno sotto forma di immagini sensoriali e di parole dette (e non dette). Se le parole sono poste in modo logico e coerente per dare forma al significato cognitivo del sogno, le immagini sono poste in ordine sequenziale per esprimere un significato e favorire così un’elaborazione affettivo-cognitiva (Fosshage, 1983).
Queste immagini, sostiene Fosshage (1987), verrebbero scelte non per celare qualcosa, ma per favorire e promuovere gli sforzi del sognatore di elaborare e risolvere i problemi della vita quotidiana.

Il contenuto di un sogno, quindi, non viene più inteso come un mascheramento di un desiderio al fine di proteggere il sonno. Messi da parte la teoria freudiana pulsionale e il punto di vista energetico, Fosshage sostiene che i sogni – attraverso affetti, metafore e temi – rivelano direttamente le preoccupazioni immediate del sognatore (Fosshage, 1997).
La natura ambigua e caotica del sogno, dunque, non è spiegata attraverso il processo di mascheramento, ma dalla concomitanza di diversi fattori, tra cui il cattivo ricordo del sogno; l’intrinseca mancanza di chiarezza dell’attività mentale onirica; la difficoltà nel capire il significato delle immagini in una prospettiva vigile e la necessità di trovare una corrispondenza appropriata tra i due diversi stati mentali – onirico e della veglia (Fosshage, 1997).
Le immagini del sogno verrebbero scelte quindi non per celare qualcosa, ma perché costituiscono il miglior linguaggio iconografico di cui la persona che sogna dispone in quel momento.

La comprensione delle tematiche e delle metafore di un sogno richiede, secondo Fosshage (1994), delle associazioni da parte del sognatore. Tuttavia le immagini e gli scenari del sogno devono essere valutati clinicamente per quello che, metaforicamente, rivelano e non per ciò che nascondono. Non assumere che le immagini oniriche dell’oggetto siano proiezioni del Sé del sognatore, consente di avere accesso alle immagini che il sognatore ha degli altri, del Sé-con-altri e di altre importanti configurazioni relazionali. 
Il significato del sogno, può essere molteplice, proprio come l’attività mentale della veglia. Un sogno, quindi, può rappresentare un pensiero relativamente semplice (per es., recarsi al lavoro o svolgere altri compiti quotidiani), senza significati ulteriori. Oppure può, con le sue immagini, fornire una raffigurazione completa della vita del sognatore, tra cui traumi, cambiamenti importanti e condizioni di vita (Fosshage, 1989)1

“Piuttosto che chiedere ripetutamente al paziente di associare i singoli elementi del sogno”, scrive Fosshage (1989) “che tende a interrompere e frammentare l’esperienza del sogno da parte del sognatore, noi dobbiamo comprendere in senso globale la serie di immagini come se fossero le parole di una frase e il dramma complessivo del sogno come se si trattasse di frasi che formano una storia” (p. 5). Questa nozione rappresenta una radicale divergenza con il modello classico e, clinicamente, libera analista e paziente dal peso e dal compito (spesso fallimentare) di dover scovare l’importante significato latente di ogni sogno. 

Sulla base di queste premesse, in anni più recenti Fosshage (Lichtenberg, Lachmman, Fosshage, 1996) ha integrato i suoi sforzi di sistematizzazione con il modello multimotivazionale elaborato da Lichtenberg (1989), descrivendo un vero e proprio “Modello organizzativo del sogno”.
Centrale in questo modello è l’idea che tutta l’esperienza onirica si organizzi: 1) in congiunzione con il contesto esterno che ha avuto un impatto percettivo (per es., una strada fredda, un film visto la sera precedente etc.); 2) in risposta al sistema motivazionale dominante e/o in conflitto; e 3) in accordo con delle configurazioni organizzative, basate sulle esperienze passate del paziente, che sono state attivate. 

All’interno di questa cornice il sogno assume una duplice funzione: facilitare lo sviluppo e mantenere e reintegrare il Sé. La funzione evolutiva del sogno è una delle funzioni del sogno maggiormente sottolineata dalla psicologia del Sé (Paparo, Pancheri, 1999).
Al pari dell’attività vigile, l’attività onirica viene concettualizzata come lo sforzo di contribuire allo sviluppo dell’organizzazione psicologica creando, o consolidando, delle nuove soluzioni (Fosshage, 1983) e consentendo di raggiungere nuove prospettive, rappresentando nuovi modelli di comportamento. 

La signora D. 
 
Come esempio di funzione evolutiva del sogno l’autore riporta il sogno della signora D., una giovane donna, piacevole e attraente che aveva iniziato il trattamento a causa di sintomi d’insonnia, depressione e angoscia.
Quando iniziò il trattamento, la signora D. si sentiva profondamente insicura. Tentava di compensare la sua insicurezza lavorando molte ore e mostrandosi molto compiacente nei confronti delle richieste dei suoi colleghi di studio maschi. Durante l’analisi ricevette la proposta di entrare in un gruppo di lavoro specializzato composto da tre uomini che avevano lasciato il precedente studio per lavorare in proprio.
La signora D. si sentiva molto lusingata dall’offerta, ma anche molto esitante e incerta: “Suo padre aveva soffocato le proprie ambizioni e la metteva in guardia nei confronti del rischio di lasciare un lavoro “sicuro” [...] la signora D. si angosciava all’idea che i suoi vecchi soci potessero offendersi e che la società potesse fallire” (Lichtenberg, Lachmann, Fosshage, 1996, p. 179).
In questa fase dell’analisi, la paziente riportò il seguente sogno: 

Era in una stanza, in piedi in fondo a un tavolo operatorio. Il suo analista era in fondo dal lato opposto. Sul tavolo c’era un bambino piccolo. La cosa strana era che il bambino stava per avere un bambino. Il suo analista cambiava la posizione al bambino, che ora non guardava più verso l’analista ma verso di lei. Dal bambino usciva una donna pienamente matura (ibidem, pp. 179-180). 

Così commentano il sogno gli autori: 

La signora D. pensava che la donna matura rappresentasse lei stessa che prendeva posto nella nuova società. L’analista le fece una domanda sul cambiare posto al bambino. Lei disse che questo era il suo modo [dell’analista] per dirle che era lei, e non lui, che doveva fare un cambiamento allontanandosi dalla precedente aspettativa che, mosso dalle sue suppliche da brava bambina, l’analista avrebbe rimesso a posto le cose. Sapeva che la sua passività e il suo evitamento erano infantili e che il sogno le stava dicendo che doveva diventare adulta. Il sogno l’aiutò ad acquisire una nuova visione delle sue capacità di consolidare il proprio senso di sé come “donna pienamente matura”. (Lichtenberg, Lachmann, Fosshage, 1996, p. 180). 

La funzione del sogno di mantenimento e reintegrazione del Sé deriva direttamente nel concetto kohutiano di sogni sullo stato del Sé (Kohut, 1977). Da questa prospettiva, gli obiettivi dell’attività onirica sono considerati come rivolti, di fronte ad una minaccia di frammentazione o disintegrazione del Sé, a restaurare un senso di sé positivo e coeso.
Centrale in questi sogni è la regolazione degli affetti (Fosshage, 1997). Ad esempio, se in un occasione il paziente sente di non essere riuscito a manifestare la propria rabbia verso una minaccia percepita durante il giorno, può tentare di ristabilire un equilibrio attraverso un sogno. Questo è uno sforzo di regolazione degli affetti e di restaurare l’equilibrio del Sé.
Tuttavia, aggiunge Fosshage (1996), va tenuto conto del fatto che la funzione di restaurare un’organizzazione psicologica non sempre segue un movimento “verso la salute”. Al contrario, un sogno – così come accade durante la veglia – può tentare di ristabilire un modello organizzativo della mente familiare ma problematico.
Un sogno può cioè servire per riaffermare una vecchia visione negativa, più familiare e quindi meno ansiogena del Sé come inadeguato, ripristinando così un minimo di equilibrio psicologico.
In senso più ampio: “Quando sogniamo, usiamo e mettiamo in luce i nostri modelli primari di organizzazione del nostro mondo. Il sognare, come l’attività di pensiero che si svolge durante la veglia, può servire a mantenere o trasformare questi modelli” (ibidem, p. 181).
In questo caso, le immagini di sé, dell’altro e di sé-con-l’altro sono dipinti nelle immagini oniriche come legati tra loro, e lotte e conflitti relazionali possono affiorare e trovare – o non trovare – una soluzione. 

Secondo Fosshage (1996): “La storia [del sogno] implica drammaticamente una lotta relazionale con l’altro che, pieno di rabbia nei suoi confronti, tenta di dominarla sessualmente, un tema ripetitivo nella sua vita familiare. I suoi primi tentativi di affermare se stessa falliscono. E quindi, riprendendosi, trova il coraggio e la forza di urlare a gran voce, in cerca di aiuto dalle persone della stanza accanto – un’immagine di altri soccorevoli e un modo di vedere se stessa come più forte, potente e capace di difendersi” (p. 181). 


In breve, l’approccio all’analisi dei sogni proposto da Fosshage, si basa su una lettura fenomenologica rivolta a convalidare l’esperienza del sognatore, rafforzando la sua convizione sul suo significato. In questo modo si promuove nel paziente la possibilità di poter far affidamento sulla propria esperienza, piuttosto che sulla rilettura interpretativa fornita dall’analista per comprendere il significato del sogno cosicché l’integrità e la coesione del Sé vengano facilitate. 

Un esempio, particolarmente significativo di questo processo ci viene offerto da un caso clinico descritto dall’autore: 

[...]presento un sogno che ritrae gli stati interiori in cambiamento del sognatore. La sognatrice, una donna che aveva allora trentanove anni, era molto intelligente ed era molto dotata nel pensiero per immagini. Era stata cresciuta come “bambina modello” e aveva dovuto congelare una gran parte della sua vita affettiva come risposta sia a due genitori di successo ed estremamente intrusivi (che le avevano già predestinato un rigido programma di vita) che ad alcuni episodi di abuso sessuale attuati da suo fratello e da un vicino. Al momento più acuto di un collasso nervoso con intensi terrori paranoici ed idee suicidarie, era stata ricoverata per un mese, dietro sua richiesta, per potersi confrontare con i suoi terrori in una situazione più contenuta e quindi più sicura. 

Il sogno venne presentato in tre parti. 

I. Un villaggio che si estende in alto e in basso sul fianco di una collina. La collina non ha un fianco ripido ma dolce e graduale, come fosse femminile. È inverno. Guardo in basso verso il villaggio come se fosse il plastico di un trenino. Ci sono gruppi di case vicine, nella neve. Guardo i tetti; sembrano vecchi libri in pelle appollaiati su ogni casa. Ci sono rotaie del treno che passano, zigzagando attraverso il villaggio, unificandolo e creando connessioni, facendone un tutto. Ci sono verdi foreste di conifere, strade, piazze, sentieri di campagna nascosti sotto la neve. Il paesaggio è calmo, pacifico, assai bello. So che io sono il villaggio e allo stesso tempo mi libro sopra di esso. È il paesaggio di me stessa. 

II. Una sensazione di paura. Vengo riempita da quella specie di terrore che mi ha mandato all’ospedale. È enorme, soverchiante, impossibile da gestire. È su tutta me, lo sento sulla mia pelle e dentro di me. Sono paralizzata dalla paura. Una paura antica, familiare. Il villaggio entra in uno stato in cui l’animazione viene sospesa. È gelato e immobile; non c'è alcun movimento. La me stessa che è il villaggio smette di sentire. Ho la sensazione familiare di una paura seguita da un’assenza di sentimenti. 

III. Il tempo è passato, come nel racconto della storia di Rip Van Winkle. Sembra come se fossero passati venti anni (ma so che è passato ancor più tempo). Il villaggio è rimasto in uno stato di animazione sospesa. Per tutto questo tempo sono vissuta senza sentimenti. Ed ecco arriva il disgelo; il villaggio torna alla vita. I cottage sono nello stesso posto ma sembra come se fossero stati spostati in nuove località. La relazione tra le rotaie del treno, il villaggio e i cottage sembra la stessa quando la guardo dall'alto, ma la «me» che è nel panorama si sente diversa. Sono disorientata ma non spaventata. Sono grata del fatto che il sonno gelido sia finito. Ci sono ghiaccioli che si stanno sciogliendo sotto le grondaie dei cottage e la luce cade con un’inclinazione diversa sul paesaggio. Al momento della fine del sogno sono soltanto nel paesaggio e non più sopra di esso. Sto trovando la mia strada attraverso territori non familiari. Il disgelo ha fatto sì che degli appezzamenti di terra siano apparsi da sotto la neve. Il paesaggio non è più incontaminato come era all’inizio del sogno (quando era un modello... una bambina modello), ma io mi sento ben radicata in esso; è molto più reale e pieno di vitalità.
Questo sogno ci parla. Ci narra la storia drammatica di una trasformazione psicologica in corso. Il sonno ventennale di Rip Van WinkIe era cominciato quando la sognatrice aveva diciannove anni, alle soglie dell'età adulta, per dirla con le sue parole, quando aveva incontrato il primo marito. Cresciuta come una bambina modello, era graziosa e femminile ed aveva raggiunto una certa pace interiore ma al costo di essere “gelida” e distante dalla sua stessa esperienza (“So che sono il villaggio ed allo stesso tempo mi libro sopra di esso”). Nell’analisi la paziente aveva ricominciato a prendere contatto con le emozioni, aveva incontrato il terrore e si era congelata per fermarlo. Poi gradualmente, man mano che aveva cominciato a comprendere ed a farsi strada attraverso la sua paura, aveva cominciato a sciogliere il suo gelo, ad esser più pienamente “all’interno” della sua esperienza, e a diventare più viva e vitale. La sognatrice, in una pregnante immaginazione onirica, è in grado di cogliere sentimenti, stati del sé e trasformazioni, ed è in grado di valutare e consolidare ulteriormente questi cambiamenti interiori.
(Fosshage, 2005, pp. 71-72).


1 Questa ipotesi è confermata, indirettamente, dagli studi sul sonno. Diverse ricerche (per una rassegna si veda: Lichtenberg, Lachmann, Fosshage, 1996) hanno mostrato come i sogni REM sono dominati da immagini legate a scenari più tipicamente affettivi. Invece, i sogni che si verificano negli stati non-REM sono dominati da processi secondari del pensiero, e quindi più vicini all’attività mentale che si svolge durante la veglia.

domenica 5 ottobre 2014

Narcisismo e analisi del Sè. Trasformazioni terapeutiche nell'analisi di personalità narcisistiche (Kohut, H., 1971).


(articolo redatto da: Alessia D'Alterio; Antonietta Madia)



Alcuni concetti chiave:

Amore oggettuale: c’è differenza tra le dinamiche oggettuali e quelle narcisistiche. La personalità si forma mediante l’interiorizzazione della libido narcisistica investita sull’oggetto-sé. La libido narcisistica svolge un ruolo anche nei rapporti oggettuali ed è un carburante per molte attività socioculturali come la creatività. Un esempio della differenza tra amore narcisistico e oggettuale riguarda il caso emblematico della personalità dipendente, la quale non ricerca l’oggetto della sua dipendenza in quanto tale ma per le funzioni che essa svolge e che non è in grado di adempiere in quanto non si è stabilita una sufficiente struttura superegoica. Gli oggetti ricercati in questo caso non sono dunque né desiderati, né riconosciuti come oggetti in senso pulsionale (ovverosia investiti di libido in sé), bensì essi sono necessari in quanto pezzi del Sé dell’individuo non interiorizzati. I disturbi narcisistici possono essere molto precoci e rivelare una debolezza strutturale massiva, possono riguardare il periodo pre-edipico interferendo con lo sviluppo della struttura di neutralizzazione (Io), o edipici configurandosi sottoforma di una struttura superegoica carente e alla ricerca continua di oggetti esterni di validazione.

Traslazione idealizzante: si parla di traslazione idealizzante in relazione alla perfezione narcisistica totale dell’oggetto-sé arcaico onnipotente e idealizzato e alla sua riattivazione nel contesto analitico. Lo sviluppo psichico non si esaurisce nell’investimento mediante pulsioni: la mente tende a sovrapporre esperienze analoghe di oggetto-sé riattivate nel transfert e le idealizzazioni lasciano un’impronta duratura nella personalità.

Io-Sè: una delle maggiori innovazioni teoriche introdotte da Kohut riguarda una differenziazione tra le strutture già note dal lavoro metapsicologico di Freud nella seconda topica e la definizione di un nuovo concetto: il Sé. I due vertici di osservazione psicoanalitici dell’evoluzione psichica non sono alternativi, bensì possono essere considerati in maniera parallela anche se gerarchica. Mentre l’evoluzione dello sviluppo funzionale dell’Io è conseguente a quello del Sé, non si può dire il contrario, in quanto il Sé costituisce una costellazione psicologica organizzata di base che determina in maniera drammatica qualsiasi tipo di esito successivo, anche pulsionale. La focalizzazione analitica dall’aspetto pulsionale a quello narcisistico vira anche l’attenzione dell’osservatore o studioso in senso sociologico: i tempi sono cambiati e ciò a cui assistiamo nella clinica non è più l’Uomo colpevole freudiano che punta alla soddisfazione pulsionale, bensì l’Uomo tragico volto disperatamente alla ricerca e alla realizzazione del proprio Sé.

Nevrosi di traslazione: riguarda la lotta tra le pulsioni infantili e le forze interne che vi si oppongono. In questa circostanza l’analista come figura di traslazione, non è sperimentato nell’ottica di un rapporto interpersonale, bensì come portatore di strutture endopsichiche inconsce (ricordi inconsci) dell’analizzando (Es.: un paziente racconta di non aver pagato il biglietto dell’autobus per arrivare in seduta. Egli nota che il volto dell’analista è serio mentre lo saluta. In questo caso l’analista come figura di traslazione è un’espressione del Super-io[1] inconscio dell’analizzando).

Sé grandioso: nella concezione dello sviluppo psichico kohutiana, il narcisismo assume valore centrale. Il Sé grandioso è definito contemporaneamente all’IPI come struttura arcaica di quello che sarà poi il Sé maturo. Il rapporto con l’ambiente reale (la madre) determinerà pertanto gli esiti di quello che è stato precedentemente definito da Freud (1914) narcisismo primario. La possibilità del bambino di concentrare su se stesso tutta la perfezione e il potere, consentirà lo sviluppo di un livello libidico narcisistico adeguato allo sviluppo di un Sé vitale e coeso e, in definitiva, di una personalità integra e sana.

Empatia: Capacità di porsi nella situazione di un’altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro. Con questo termine si suole rendere in italiano quello tedesco di Einfuhlung. In estetica, il termine indica un tipo di percezione vissuta antropomorficamente di fronte a oggetti: una colonna sottile che regge un grosso capitello può suscitare un senso di disagio, di squilibrio, di sforzo. Questi fenomeni sono stati studiati da T. Lipps (1903) come emozioni estetiche. L’empatia è la capacità di comprendere a pieno lo stato d'animo altrui, sia che si tratti di gioia, che di dolore. Empatia significa sentire dentro ed è una capacità che fa parte dell’esperienza umana ed animale. Si tratta di un forte legame interpersonale e di un potente mezzo di cambiamento. Il concetto può prestarsi al facile riduttivismo mettersi nei panni dell’altro, mentre invece significa andare non solo verso l’altro, ma anche portare questi nel proprio mondo. Essa rappresenta, inoltre la capacità di un individuo di comprendere in modo immediato i pensieri e gli stati d'animo di un’altra persona. L’empatia è dunque un processo: essere con l’altro. L’empatia costituisce un modo di comunicare nel quale il ricevente mette in secondo piano il suo modo di percepire la realtà per cercare di far risaltare in sé stesso le esperienze e le percezioni dell’interlocutore. È una forma molto profonda di comprensione dell’altro perché si tratta d’immedesimazione negli altrui sentimenti. Ci si sposta da un atteggiamento di mera osservazione esterna (di come l’altro appare all’immaginazione) al come invece si sente interiormente (con quell'esperienza di vita, con quelle origini, cercando di guardare attraverso i suoi occhi).

Traslazione narcisistica: in maniera differente rispetto alla traslazione nevrotica in questo caso l’analista non funge da schermo per la proiezione della struttura interna dell’analizzando come avviene di norma nelle nevrosi, bensì egli diventa una “continuazione diretta di una realtà primitiva che era troppo distante, troppo rifiutante o troppo instabile per essere trasformata in una solida struttura psicologica” (Kohut, 1959, p. 17). Ovverosia rimette in moto lo sviluppo narcisistico del Sé del paziente, dal livello in cui esso è rimasto bloccato. Una differenza che si osserva nei pazienti con problematiche principalmente narcisistiche rispetto ai pazienti nevrotici – o anche nei pazienti nevrotici stessi che ad ogni modo secondo Kohut devono essere trattati secondo le innovazioni scientifiche della Psicologia del Sé –, è possibile differenziare la qualità conflittuale nevrotica rispetto a quella narcisistica della tematica presentata in analisi mediante il tipo di angoscia manifestata. Quando questa concerne un fatto preciso, delimitato e concreto, essa è manifestazione di nevrosi, mentre quando l’angoscia è diffusa, ciò è indicatore di una maggiore compromissione patologica che riguarda la coesione di base del Sé, e spesso la sensazione che si ha all’ascolto di questi pazienti è di senso di soffocamento e noia.

Kohut fornisce una panoramica rispetto agli effetti specifici e aspecifici dell’elaborazione della traslazione narcisistica.
Il cambiamento aspecifico più importante riguarda la maggiore capacità di amore oggettuale.
I fattori specifici invece riguardano tutti strettamente l’ambito del narcisismo (empatia, creatività, saggezza e umorismo).

Accrescimento ed espansione dell’amore oggettuale

1) Costituisce una mobilitazione libidica secondaria resa possibile in conseguenza della riattivazione dei legami affettivi che erano precedentemente inaccessibili a causa del muro regressivo del narcisismo.
Il Sé si apre al mondo esterno ed esce dall’isolamento in virtù della maggiore libido idealizzante ora disponibile a depositarsi sugli oggetti.

2) L’accresciuta capacità di amore oggettuale del paziente narcisista è collegata anche in maniera diretta all’elaborazione dell’area primaria della psicopatologia, ovverosia del narcisismo. Gli investimenti oggettuali sono più profondi a livello emotivo rispetto a quanto lo fossero in precedenza. L’investimento oggettuale, se non era già presente in precedenza verrà mobilitato dall’analisi.
L’investimento libidico oggettuale è facilitato dalla maggiore libido idealizzante resa disponibile dall’elaborazione del narcisismo.
Tale genere di progresso deriva dall’elaborazione sistematica della traslazione idealizzante.
Il risultato del maggiore investimento oggettuale con cariche idealizzanti, produce una maggiore intensità nell’esperienza erotica del paziente sia che essa riguardi la relazione amorosa con un altro essere umano, che la devozione ai suoi impegni e doveri.
Ora sarà possibile gestire in maniera più equilibrata le cariche libidiche: la componente narcisistica dell’amore totale è relativa, essa contribuirà all’esperienza d’amore del soggetto, ma gli investimenti libidici centrali mobilitati saranno di tipo oggettuale.
La maggiore disponibilità degli investimenti oggettuali non indica comunque che il narcisismo messo in moto dalla situazione analitica (libido sul Sé) si sia trasformato completamente di fatto in amore oggettuale, tutt’al più questa maturazione è dovuta alla libido oggettuale che era già presente, ma che era stata rimossa.
Questo tipo di configurazione riguarda il risultato terapeutico dei settori definiti da Kohut di “psicopatologia secondaria” ovverosia la nevrosi di traslazione, in un paziente che soffre in via primaria di un disordine narcisistico della personalità.
Kohut ribadisce il doppio registro già delineato in precedenza rispetto alla metapsicologia e quindi alle possibilità di cura: da un lato c’è la condizione narcisistica e le vicende del Sé, dall’altro l’Io e il destino delle sue strutture.
L’attenzione alla questione narcisistica tuttavia è centrale e fondamentale e deve essere, secondo Kohut (1971, 1977), prioritaria rispetto alla considerazione dei conflitti pulsionali, in quanto i benefici dell’analisi delle problematiche narcisistiche determinano anche, in conseguenza, il buon esito della strutturazione delle funzioni dell’Io.
La possibilità di amore oggettuale, passa attraverso l’investimento libidico del Sé e la sua coesione. Un sé coeso può investire gli oggetti libidici delle proprie pulsioni, mentre un Sé non integro o frammentato, blocca le proprie capacità di investimento ad un livello tale che i moti oggettuali pulsionali saranno preclusi o immaturi.

3) Un risultato aspecifico dell’analisi sistematica del narcisismo è anche l’accresciuta capacità di amore oggettuale dovuta alla maggiore forza del Sé, ovverosia alla maggiore coesione e delimitazione dei confini del Sé al di là dei suoi investimenti. Così come l’Io accresce la sua capacità di gestire una varietà di compiti professionali alla maggiore coesione del Sé, l’Io diventa centro esecutore della maggiore capacità di amore oggettuale. Dice Kohut (1971, p. 286): “Quanto più sicura è una persona riguardo alla possibilità di essere accettata, quanto più certo è il suo senso di chi egli sia, e quanto più interiorizzato è il suo sistema di valori, tanto più egli riuscirà ad offrire il suo amore con fiducia e in maniera efficace (a estendere cioè i suoi investimenti libidico-oggettuali) senza un’indebita paura di essere rifiutato e umiliato”. 

Sviluppi progressivi e integrativi dell’ambito narcisistico

Kohut si riferisce ai risultati del trattamento psicoanalitico dei disturbi narcisistici affermando che è in quest’ambito che avvengono i risultati più significativi e determinanti. Essi riguardano:
1)             L’imago parentale idealizzata che viene integrata nelle strutture dell’Io e del Super-io: a) man mano che gli aspetti pre-edipici precoci arcaici sono abbandonati vengono interiorizzati in forma neutralizzata e diventano parte della struttura dell’Io che resta adibita a tali funzioni (neutralizzazione, controllo e incanalamento). Il paziente infatti inizialmente è in grado di svolgere queste funzioni solo se si sente fuso e unito all’analista idealizzato; b) gli aspetti preedipici tardi ed edipici dell’imago parentale idealizzata vengono quindi abbandonati, interiorizzati e depositati nel Super-io. Il Super-io diventa una fonte di comando e guida interna, di approvazione stimolante, di maggiore integrazione dell’Io e dell’omeostasi narcisistica, che il paziente in precedenza godeva solo se si sentiva legato all’analista idealizzato e corrisposto.
2)             Il Sé grandioso che produce un’integrazione sia della grandiosità infantile che della libido esibizionistica arcaica: a) la prima viene integrata nelle ambizioni e negli scopi della personalità conferendo vigore ai moti maturi della personalità e sensazione di avere diritto al successo. Questo sentire da conquistatore (Freud 1917, p. 14; 1953, p. 29) è un derivato addomesticato dell’assolutismo solipsistico della psiche infantile; b) la seconda viene anch’essa neutralizzata dalle mete infantili di soddisfacimento per fluire nelle mete adattate e socialmente importanti della realtà adulta. L’esibizionismo che era causa di vergogna diventa fonte di autostima e di piacere sintonico all’Io.
3)             L’elaborazione della traslazione narcisistica è dunque una conquista che riguarda la personalità totale, ma dipende dalla mobilitazione delle posizioni narcisistiche arcaiche.

Empatia

E’ descritta da Kohut come una modalità conoscitiva adatta alla percezione di configurazioni psicologiche complesse.
L’Io utilizza l’empatia quando deve raccogliere dati psicologici, mentre usa modalità non empatiche per raccogliere dati di differente natura, ovverosia non inerenti la vita interiore dell’uomo (vedi Freud 1915c per differenza tra campo psicologico e non psicologico). Ci sono diversi tipi di disturbi che riguardano l’uso dell’empatia alcuni più gravi, altri minori.

I disturbi gravi dell’empatia sono distinti da Kohut in due gruppi:
1)             Uso improprio dell’empatia nell’osservazione di aree esterne al campo dei dati psicologici complessi. Utilizzare l’empatia per osservare dati non psicologici porta ad una percezione erronea della realtà, prerazionale, animistica, manifestazione di infantilismo percettivo e conoscitivo. Anche nella psicologia scientifica l’empatia non conduce da sola alla spiegazione dei dati psicologici. Bisogna analizzare le interconnessioni causali in termini lontani dall’osservazione (Hartmann, 1927). Se l’empatia si espandesse dalla raccolta di dati alla fase esplicativa della psicologia scientifica – definita verstehend ovvero comprensiva (Dilthey, 1924; Jaspers, 1913) e non erklärend cioè esplicativa – ciò equivarrebbe a una regressione sentimentaleggiante alla soggettività ovverosia un infantilismo conoscitivo nell’ambito delle attività scientifiche umane.
2)             Uso improprio dell’empatia nell’osservazione di aree riguardanti il campo dei dati psicologici complessi. Non utilizzando l’empatia in questi casi la realtà psicologica viene letta in senso meccanicistico ed inanimato. In questa categoria cadono i difetti più gravi dell’empatia ovvero quelli di natura primaria, dovuti a fissazioni o regressioni narcisistiche, nell’area degli stadi arcaici dello sviluppo del Sé. Quest’ultimo genere di mancanza di empatia è ricondotto da Kohut a disturbi precoci del rapporto madre-bambino, dovuti a freddezza emotiva della madre o insensibilità congenita del bambino o ancora, mancanza di coerenza nel rapporto. Questo tipo di problematica porta anche al fallimento nell’istaurarsi dell’imago parentale idealizzata, al blocco delle prime fasi di relazione empatica tra madre e bambino e all’iperinvestimento degli stadi primitivi del Sé corporeo (autoerotico) e del Sé grandioso, anch’esso bloccato per carenza delle necessarie risposte di ammirazione da parte della madre.

Ci sono poi una serie di disturbi minori o secondari dell’empatia. Kohut fa l’esempio dell’incapacità da parte di allievi in fase di training psicoanalitico di essere empatici nei confronti dei loro pazienti. Questa mancanza di empatia si configura come un’inibizione difensiva ed è una formazione reattiva contro la percezione animistica del mondo che viene rimossa oppure più frequentemente isolata e scissa. Secondo Kohut essa, ed è tipica delle personalità ossessive.

Risposte emotive e soggettive ai sentimenti altrui e valutazione oggettiva ovvero scientifica dei dati psicologici. L’empatia è a volte considerata simile all’intuizione, ciò porta a stabilire un illegittimo contrasto tra risposte emotive e soggettive ai sentimenti altrui e valutazione oggettiva. L’intuizione tuttavia non è strettamente correlata all’empatia: essa riguarda una serie di operazioni che vengono svolte molto velocemente da un medico, così come da come un computer che vaglia in breve tempo diverse combinazioni; tuttavia essa si differenzia dai giudizi non intuitivi soltanto per la sua velocità. La psicoanalisi ha consentito di utilizzare l’empatia intuitiva degli artisti e dei poeti nel campo della ricerca scientifica. Tuttavia lo psicoanalista deve essere capace di comprensione empatica così come di abbandonare tale tipo di comprensione, questo tipo di capacità di oscillazione tra le due posizioni consente di raccogliere i dati psicologici utili e di poterli poi analizzare per spiegarli. Questo tipo di oscillazione rispecchia la configurazione pratica/teoria: c’è bisogno di insight e dell’ampiezza dell’esperienza emotiva umana così come del lavoro teorico.
Un compito specifico dell’analisi didattica è pertanto quello di sciogliere le posizioni narcisistiche dell’analizzando nei settori legati alle capacità empatiche, fino a raggiungere un dominio dell’Io per il quale egli ha acquisito la capacità autonoma di adoperare o abbandonare la posizione empatica a seconda delle esigenze professionali.
La capacità empatica aumenta in conseguenza alla mobilitazione del narcisismo arcaico congelato, mentre diminuisce la capacità intuitiva che è una sostituzione del desiderio di onniscienza e del pensiero magico con la logica. La possibilità di abbandonare il dominio dell’intuizione implica la possibilità di sopportare i ritardi imposti dall’osservazione attenta dei dati. Eccezione a questo processo riguarda le personalità che avevano opposto forti formazioni reattive contro il pensiero magico e la propria onniscienza (due caratteristiche tipiche del narcisismo arcaico): esse diverranno maggiormente razionali ma più veloci, e si baseranno maggiormente sul preconscio invece di elaborare lungamente e faticosamente i dati.

La mobilitazione del narcisismo arcaico determina comunque una espansione delle capacità empatiche che è sempre autentica: per quanto riguarda l’oggetto idealizzato, esso aumenta l’empatia nei confronti degli altri, nel caso del Sé grandioso, soprattutto l’empatia nei confronti di sé stessi.
Questo obiettivo dell’analisi può essere oggetto di resistenze che bloccano il progresso analitico oppure lo capovolgono contemporaneamente una volta che esso è stato raggiunto.
Come illustrato da Kohut nel cap. 11, ci sono varie resistenze che si oppongono allo sviluppo dell’empatia nel corso della sua acquisizione. Tali resistenze possono presentarsi allo stesso modo nella situazione analitica.
Nel caso in cui il disturbo empatico è legato ad una mancanza di empatia nei genitori (essa è difettosa o inattendibile) il bambino cerca espedienti per tenere gli altri a distanza in modo da proteggersi dalla delusione di non essere compreso o ricevere risposte adeguate (vedi cap. 1 su personalità schizoide). In questo caso particolare la psiche del paziente si sentirà esposta a due tipi di pericoli:
1)             oltre al piacere il paziente avvertirà una sensazione spiacevole di eccitamento e stimolazione, seguito da un’angoscia suscitata dal timore di fusione regressiva che può manifestarsi sotto forma di illusione temporanea di identità corporea e porta al tentativo di contenere o scaricare le tensioni sessualizzandole in maniera grossolana (vedi cap. 8 su stati traumatici).
2)             Si determinano resistenze legate a paure di passività, specialmente per gli uomini come rischio di sottomissione.
Queste paure nascono dalla comprensione che l’analista è un essere umano capace di reagire con emozioni ed empatia all’analizzando.
La protezione dell’isolamento narcisistico e il pericolo che comporta rinunciare a questa sicurezza vengono descritti da Kohut nel sogno del signor Q. Questo paziente aveva perso la madre nella prima infanzia e a seguire anche altre figure materne.

“Sognò che era solo in casa e che guardava fuori dalla finestra; accanto a sé aveva il suo equipaggiamento da pesca. Attraverso la finestra vedeva numerosi bei pesci, grandi e piccoli, che nuotavano tutt’intorno, e provava il desiderio di andare a pescare. Si rendeva conto però che la sua casa era in fondo al lago e che non appena avesse aperto la finestra per pescare, l’intero lago avrebbe invaso la casa e l’avrebbe sommerso” (Kohut, 1971, p. 295).

Altre resistenze possono manifestarsi come rifiuto della comprensione dell’analista che si suppone piena di condiscendenza: l’empatia accompagnata da un atteggiamento di cura diretta attraverso la comprensione amorevole può essere autoritaria e noiosa ovvero poggiare sulle irrisolte fantasie di onnipotenza dell’analista.
Seppure l’analista sia attento all’uso dello strumento empatico utilizzandolo come forma di comunicazione appropriata, il semplice fatto che il paziente acconsenta ad essere compreso e corrisposto empaticamente lo lascia esposto alla paura arcaica delle delusioni precoci. Egli può pertanto diventare sospettoso, sentirsi manipolato dall’analista etc. Questi atteggiamenti paranoidi in genere durano poco e vengono risolti nell’interpretazione genetica e dinamica. Qualunque sia l’esito delle resistenze ad ogni modo un accrescimento delle capacità empatiche verso gli altri e l’accettazione che anche gli altri possano comprendere maggiormente sentimenti, desideri e bisogni si può osservare con grande regolarità nei pazienti narcisisti.



Creatività
Sostanzialmente Kohut intende per creatività lo sbocco che si apre agli investimenti narcisistici che vengono trasformati nel corso di un trattamento psicoanalitico.- investimenti narcisistici che prima del trattamento psicoanalitico erano congelati nell’area del Sé grandioso e dell’imago parentale idealizzata.
A riguardo, il primo quesito che Kohut si pone è quale sia il parametro che ci porta ad individuare quali siano le attività creative, se solo quelle artistiche o anche quelle scientifiche.
Una prima netta distinzione è quella di considerare la Scienza come la scoperta di Formazioni già preesistenti e l’Arte come introduzione nel mondo di nuove configurazioni.
Ma questa differenziazione non è poi così netta perché:
1)             Le scoperte scientifiche non descrivono solamente fenomeni esistenti in quanto la successiva operazione dello scienziato è quella di incanalare in una certa direzione specifica lo sviluppo scientifico;
2)             Altresì per il genio artistico che potrà determinare non solo un nuovo stile ma anche la direzione in cui si svilupperà.
Ma dobbiamo tenere presente anche:
1)             Che la scienza si sarebbe potuta svolgere in una direzione diversa, da quella in cui di fatto si è sviluppata - la nostra comune concezione scientifica è quella di credere che la scienza può svilupparsi solo nel modo che di fatto constatiamo ed in merito, gli scritti del fisico Alexander Koyrè ci dimostrano i procedimenti artistici eseguiti nel campo della fisica;
2)             Allo stesso modo non dobbiamo trascurare il fatto che alcune opere artistiche sono il riflesso di qualcosa che è preesistente.
Ma se paragoniamo le opere Artistiche e quelle Scientifiche all’interno di uno schema oggettivo riserveremo l’attributo di creatività solo a quelle artistiche; e solo in senso metaforico a quelle scientifiche.
Ma se proviamo a passare da un discorso generale ad uno più particolare che ci porta ad un confronto tra le due personalità prese  in esame valuteremo che:
1)             La personalità dell’artista (rispetto allo scienziato) in linea generale, possiede investimenti narcisistici che tendono ad essere meno neutralizzati e la sua libido esibizionistica si sposta tra sé e il suo prodotto investito narcisisticamente con una fluidità maggiore che nello scienziato. Sempre in linea generale, possiamo dire che un controllo rigido dell’esibizionismo di un artista potrebbe interferire con la sua performance. D’altra parte invece l’emergere di istanze grandiose ed esibizionistiche di un Sé grandioso ed arcaico sarebbe un forte ostacolo ad una corretta produzione scientifica.
A questo riguardo fa riferimento l’esempio del rapporto epistolare tra Freud e Fliess, in cui traspare l’esibizionismo giovanile di Freud e al contempo il controllo su ogni sua spinta verso il compiacimento, attraverso il rifiuto a partecipare a feste date in suo onore, o alla sua presa di distanza dal  carattere magico ed ipocrita dei messaggi di congratulazioni che gli giungevano.
L’esempio di Freud serve da traccia per osservare la curva di sviluppo di un grande scienziato: essa sembrerebbe rivolta poco alla stimolazione della propria persona, limitandosi all’investimento libidico neutralizzato ed inibito alla meta.
La differenza tra l’artista e lo scienziato diventa ancora più evidente quando osserviamo che un’opera artistica ultimata è intoccabile perché legata strettamente alla personalità dell’autore; mentre se uno scienziato ha formulato  la sua teoria che successivamente viene integrata o revisionata in parte da un altro scienziato non vi sarebbero i margini d’infrazione proprio perché l’opera scientifica porta in se un carattere di indipendenza dal suo ideatore.
Ma al di la di queste considerazioni che hanno un carattere della generalità, è vero anche che ci sono scoperte scientifiche che vengono fuori con il segno di una vera e propria opera d’arte e altresì nel campo dell’arte ci sono capolavori compiuti da anonimi che contraddicono l’affermazione in cui l’operatore è inestricabilmente legato al suo creatore.
A paragone con lo scienziato l’artista investe la sua opera con la libido narcisistica meno neutralizzata e resta identificato con il suo prodotto.
Le attività artistiche e scientifiche che vengono fuori durante il processo analitico di  disordini narcisistici sono comunque fenomeni analoghi e ricoprono un ruolo analogo nel processo psicoanalitico.
L’ondata di attività creative non di rado sopravviene come misura di emergenza perché l’Io deve fronteggiare la libido narcisistica precedentemente rimossa e quindi ha breve durata (vedi Kohut - il caso della signorina F.).
Quando il processo di elaborazione psicoanalitica prosegue in modo corretto si creano nuove configurazioni stabili come l’autostima e la formazione di un ideale.
Man mano che gli investimenti narcisistici vengono rimossi terapeuticamente, essi vanno ad incrementare l’interesse sublimatorio al punto che un hobby insignificante può diventare una vera e propria attività soddisfacente e l’approvazione pubblica diventerà un sostegno all’autostima del paziente.
Portiamo l’esempio del signor E. che nella prima fase dell’esperienza psicoanalitica non riusciva a svolgere le attività artistiche, ma successivamente inizia ad avere attività sublimatorie nell’intervallo del fine settimana in cui rimaneva separato dalle sedute psicoanalitiche. Nato prematuro, viene messo in incubatrice; successivamente portato a casa non viene toccato dai genitori. Sua madre, dopo una malattia, muore quando il paziente aveva sedici anni.
Nella tarda infanzia il paziente si esibiva nelle sue prodezze sull’altalena, ma la madre non rispose empaticamente e con il dovuto sostegno; fu da allora che il bambino iniziò pericolose attività voyeristiche nel bagno di una fiera pubblica come risposta ai suoi desideri esibizionistici.
Con questa perversione, egli esprimeva bisogni arcaici nell’ambito di istanze esibizionistiche frustrate e le attività artistiche gli fornirono una certa visibilità, utile al suo bisogno di contatto alla luce della sua storia nella primissima infanzia.
Il lavoro sublimatorio che trovò un forte slancio negli ultimi anni del suo trattamento analitico non fu soltanto un modo di risolvere i suoi bisogni di contatto e fusione ma divenne una grande fonte di riconoscimento sociale ed economico.
Lo stretto collegamento tra bisogni di contatto frustrati e il desiderio di fusione - che si trasformò successivamente in una modalità di grande sensibilità verso il mondo intero - è un fenomeno che possiamo osservare in molti poeti: John Keats aveva la tendenza ad identificarsi con oggetti inanimati (palle da biliardo). A ciò era associata una profonda e sensibile capacità di comprensione delle cose che si manteneva attiva solo se gli arrivava il calore degli amici.
Il poeta con il suo identificarsi con la palla da biliardo testimoniava la natura narcisistica del suo rapporto creativo con l’ambiente.
Un certo potenziale creativo rientra nella vita di molte persone in cui, problematiche intellettuali ed artistiche irrisolte sono causa di uno squilibrio narcisistico che trovano a loro volta sollievo anche attraverso semplici attività come le parole crociate o lo spostamento di un mobile in una stanza.
Alcune personalità creative durante momenti d’intensa produzione artistica hanno un forte bisogno  di  una relazione empatica.
Tale bisogno è particolarmente intenso tanto più le scoperte conducono in ambiti nuovi ed inesplorati.
Questo sembrerebbe attribuibile al fatto che l’atto creativo porta con se l’isolamento.
Questo se da una parte è esaltante dall’altra costituisce anche un’esperienza terrifica in quanto verrebbe a rappresentare il trauma infantile di essere abbandonato.
In una simile situazione può capitare che anche il genio elegga una persona del suo ambiente ad oggetto onnipotente con cui fondersi.
Questo lascia intravedere un Sé creativo in espansione che ha bisogno di trarre forza da un oggetto idealizzato.
Fliess fu per Freud l’oggetto di traslazione narcisistica durante la sua produzione letteraria più importante ed egli rinunciò al senso illusorio della grandezza di Fliess, quando terminò il suo compito creativo.
Alla Creatività degli analisti Kohut dedica un’attenzione speciale.
Egli afferma che al termine di un’analisi didattica, la trasformazione delle posizioni narcisistiche può apportare non solo una maggiore capacità empatica ma anche un’accresciuta attività ricca di spunti di autentica creatività.
Questa creatività sembra scaturire dal bisogno incessante di indagare su certe aree psicologiche non elaborate nell’analisi personale; nasce quindi il bisogno di superare l’empasse attraverso una nuova analisi.
Ma se il lavoro analitico è incompleto a causa della scienza psicoanalitica che non è progredita, questo stesso fattore diventa lo stimolo che conduce ad altre ricerche. Tuttavia ciò avviene se l’incompletezza dell’analisi didattica è riconosciuta dal ricercatore.
“Proprio come in altre attività scientifiche, la creatività degli analisti è risvegliata da molti stimoli e alimentata da altre fonti, tra cui i conflitti patogeni del ricercatore.” (…) “Io credo che la vera creatività psicoanalitica possa essere motivata dal bisogno imperioso di indagare su certe aeree psicologiche che non sono state completamente chiarite nell’analisi personale” (Kohut, 1971, p. 306).
Per alcuni analisti potenzialmente creativi, gli aspetti irrisolti di una traslazione narcisistica può, durante o al termine, essere spostata su Freud come imago paterna; a riguardo la paura della perdita di fusione narcisistica con l’immagine del padre può innescare sentimenti controfobici di ribellione che in ultima analisi determineranno un forte senso critico della sua opera.
Conseguenza sterile può essere un’incessante polemica teorica che non è sostituita da un contributo positivo finalizzato all’ampliamento della nostra conoscenza psicologica dell’uomo.
Quando invece l’analizzando sta evolvendo verso lo scioglimento del proprio legame narcisistico traslativo con l’analista si possono manifestare attività creative libere da qualsiasi funzione difensiva da parte dell’Io.
Esse costituiscono di frequente vere e proprie riattivazioni di tentativi creativi che risalgono alla latenza  e alla adolescenza.
Kohut cita l’esempio del signor P., un giovane uomo che in prossimità della fine della sua analisi inizia a scrivere racconti brevi e molto interessanti: essi erano imperniati su tematiche di un adolescente pieno di senso di solitudine, senso di estraniamento dal mondo e con attività sessuali alquanto grossolane; è alla ricerca di un amico da cui essere protetto rispetto a tutto ciò.
Tralasciando il significato specifico di fronteggiare nella sua analisi il pericolo della perdita superegoica, quello che è più interessante è il rapporto tra questi racconti e l’elaborazione di problemi simili che si manifestarono in un “sogno bagnato” fatto più di vent’anni prima e che accompagnò la prima polluzione notturna:
“nel sogno il paziente contemplava un paesaggio di grande bellezza e pace…prati ondulanti e ruscelli serpeggianti in cui l’acqua scorreva gaia riflettendo il blu di un cielo senza nuvole. Piccoli gruppi di alberi circondavano le abitazioni di uno stile rustico ed anche se non c’era nessuno vi erano numerose tracce di vita: mucche che pascolavano e pecore bianche che spiccavano nel verde dei prati. Improvvisamente la pace veniva turbata da un rombo lontano. Il paziente alzava lo sguardo e scopriva che il paesaggio da lui contemplato era una vallata ai piedi di un’alta diga. Il rombo minaccioso sembrava provenire da lì e improvvisamente il paziente notava delle fessure profonde nella diga. Tutti i colori del paesaggio mutavano in maniera percettibile ma significativa. Il blu del cielo e dell’acqua diventava nerastro. Il verde dell’erba cambiava in un verde acceso e innaturale e gli alberi sembravano più scuri. Le fenditure nella diga si allargavano e poi tutto ad un tratto un vortice di acqua brutta, brutta e distruttiva ne usciva fuori, inondando la campagna con tutta la sua bellezza , spazzando  via gli alberi, le case e gli animali. L’ultima impressione indimenticabile che il paziente ebbe prima di svegliarsi inorridito fu la vista del bianco delle pecore che si mutava nel bianco dei cavalloni vorticosi che avviluppavano tutto”.
Tralasciando il significato complesso presente in tutto il sogno possiamo dire che esso esprimeva l’esperienza del disturbo narcisistico racchiuso nella sua beatitudine (il paesaggio è il simbolo del corpo del paziente); disturbo causato dall’irrompere di elementi sadici sessuali che sfociavano nella polluzione.
Come si diceva prima, le trasformazioni delle tensioni narcisistiche liberarono l’Io artistico che poté iniziare ad investire oggetti-Se di natura più elevata con la produzione di racconti brevi .
Considerando che possono esserci delle eccezioni, possiamo considerare che molte creazioni artistiche che emergono nella fase finale dell’analisi, sono il risultato delle trasformazioni di vecchie istanze narcisistiche patogene.

Umorismo e Saggezza.
Kohut ritiene che il senso umoristico autentico sia un altro risultato delle trasformazioni delle istanze narcisistiche arcaiche e patogene che avviene nel corso del trattamento psicoanalitico.
Ma ancor di più l’umorismo accompagna e completa il rafforzamento dei valori ed ideali.
Bisogna valutare se l’attaccamento ai valori ed ideali è spontaneo e autentico cioè lontano da una sorta di fanatismo e quindi accompagnato da un senso delle proporzioni e soprattutto che le istanze narcisistiche sono neutralizzate ed inibite alla meta. In altre parole sarebbe da accertare clinicamente, il ridimensionamento delle fantasie grandiose e l’abbandono di modalità perfezioniste che fanno emergere un misto equilibrato di ideali e senso dell’umorismo.
L’Io del paziente diventa capace di vedere adesso in proporzioni realistiche le ispirazioni del Sé grandioso infantile e soprattutto di sorridere e divertirsi su quelle configurazioni con ritrovato senso di libertà.
Il commento della sig.na F ne è una prova: “Credo che il crimine che lei ha commesso e per cui non può esservi perdono, è che lei non è me”.  
La conquista della saggezza è una delle vette dello sviluppo umano non tanto e non solo per quanto attiene la trasformazione dei disturbi narcisistici ma in generale in qualsiasi crescita e trasformazione umana.
La saggezza acquisita durante il trattamento psicoanalitico consiste nel passaggio da una semplice informazione dei dati ad una maggiore e più profonda consapevolezza del funzionamento della propria mente. 
L’inizio di questo percorso che porta alla saggezza è contrassegnato, per il paziente, da una buona conoscenza di se stesso ma anche dell’analista; ma soprattutto dall’accettazione da parte del paziente di quel carattere passeggero che connota l’esistenza individuale.
Questo è il prerequisito che favorisce nel paziente il rafforzamento dell’autostima stante la consapevolezza dei propri limiti, conflitti inibizioni e tendenze alla grandiosità che possono permanere ma avvolte da una buona dose di consapevolezza.

Bibliografia
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Kohut, H., (1959-1981), Introspezione ed empatia. Raccolta di scritti. Bollati Boringhieri, Torino, 2003.
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Kohut, H., (1977), La guarigione del Sé. Bollati Boringhieri, Torino, 1980.
Jaspers, K., (1913), Psicopatologia gnereale. Pensiero Scientifico, Roma, 1963.




[1] Imago inconscia del padre. Nella nevrosi, a differenza dei disturbi più gravi (narcisistici) ciò avviene in quanto il paziente ha già formato la struttura Superegoica sulla base delle relazioni reali vissute con i genitori.

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