Raccolta di scritti, articoli, abstract, paper, traduzioni, stralci da testi classici o contemporanei, commentari e critica psicoanalitica dal 2013
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giovedì 22 dicembre 2022
Studio sul disgusto come regolatore dello stato del Sé, valori, principi e istinto di allontanamento
Freud (1899) osservò che in alcuni casi di nevrosi che non erano strutturalmente ossessivi, emergeva un nucleo isterico (cioè di esternalizzazione, o manifestazione sintomatica attraverso il corpo).
Alcuni soggetti per esempio si mostravano disgustati dai bisogni fisici, e dalla sessualità in particolare: "che schifo dottore"; "mi fa vomitare". Freud riconobbe questo tipo di comportamento nel caso di Dora. In Dora il disgusto prendeva il posto del desiderio e Freud si interroga sulle motivazioni profonde e inconsce di questo atteggiamento. Il disgusto, concluse, appare allora come segno dell'avversione ad accogliere un desiderio, di cui il soggetto isterico diventa testimone. Il corpo diviene il mezzo e il veicolo attraverso il quale viene elaborato un trauma di origine sessuale; così afferma agli albori della prima topica.
Ne "Il disagio della civiltà", Freud (1929) elevò il disgusto a forma di dignità nella condizione umana, una forma di resistenza che impedirebbe l'accesso alla soddsfazione: "A volte sembra di percepire che non è solo la pressione della civiltà, ma qualcosa nella natura stessa della sua funzione a negarci la piena soddisfazione e a spingerci verso altre strade". E spiega ulteriormente le ragioni di questa resistenza in una nota: "la funzione sessuale è accompagnata da una resistenza che non può essere ulteriormente spiegata, e che impedisce la completa soddisfazione costringendo ad allontanarci dalla meta, per dirigerci verso sublimazioni e spostamenti libidici".
L'emozione del disgusto è stata descritta da Darwin Ekman (1972) tra le emozioni fondamentali, insieme a rabbia, tristezza, felicità, paura e sorpresa.
Il disgusto emerge nei momenti in cui siamo immersi in un contesto intersoggettivo nel quale c'è una grossa frattura, ovverosia una discrepanza pressocchè incolmabile tra valori, opinioni, modalità comportamentali e di pensiero, tali che valicano i limiti di ciò che riteniamo accettabile, consono, sintonico e degno.
Nel termometro omeostatico dell'equilibrio narcisistico (inteso in senso ancora non clinico, come stima di sè in noce) il disgusto svolge una funzione importante, segnalandoci una necessità imperativa di allontanamento, il fatto che siamo immersi in un sistema diverso (Altro) da noi, sbagliato, potenzialmente danneggiante e pericoloso, nel caso in cui un danno non è già, di fatti, ricevuto. Nel linguaggio non verbale la reazione immediata all'emozione del disgusto è quella ad esempio, di alzare le mani in segno di difesa, come a protezione del Sè.
Procedendo in senso inverso al contrario del disgusto troviamo infatti proprio il desiderio, la stima, l'apprezzamento, la sintonizzazione, il bisogno di vicinanza e connessione, il legame e il dialogo. Tutti elementi che promuovono la possibilità della crescita dell'interazione in questione.
Leggendo la dinamica del disgusto in termini di regolazione affettiva possiamo far risalire il disgusto a tutte quelle interazioni legate all'ambito dell'ansia e dell'intrusività, le reazione automatiche di allontanamento e difesa, che cercano di comunicare all'altro nella relazione l'inappropriatezza della comunicazione proposta. In senso verbale, come in senso non verbale tale interazione può altrettanto essere disturbante, causando quindi tipi di reazioni analoghe: la necessità di una cesura, una chiusura, un blocco, un allontanamento.
Che indicatori sono questi in senso clinico? Tutte le volte che abbiamo a che fare con queste emozioni ci troviamo in un territorio nel quale la mente ci segnala la necessità di difesa, il bisogno di riparazione e il rischio pervasivo di un trauma importante perlomeno (nella migliore ipotesi) in senso relazionale, paura, pericolo incombente.
Bibliografia
Ekman, P. (1972). Le differenze universali e culturali nelle espressioni delle emozioni
Freud, S.,(1899) L'Interpretazione dei sogni
Freud, S., (1929) Il disagio della civiltà
domenica 8 novembre 2015
Sándor Ferenczi: il terzo viaggiatore
Il viaggio del 1909 verso verso la Clark University di Worcester vedeva
insieme a Freud e Jung, presi dalla loro vicariante interpretazione dei sogni,
anche un terzo viaggiatore: Sándor Ferenczi.
Ferenczi era un medico ungherese. Intraprese l’attività di psichiatra e lavorò in particolare con gli omosessuali (Bokanowski, 1997). Come psichiatra si era interessato all’ipnosi e ai meccanismi eziologici della nevrosi. Aveva letto le opere di Freud e Breuer sull’isteria, e anche L’Interpretazione dei sogni, ma non ritenne le idee di Freud eccezionali, fin quando non si avvicinò a Jung, grazie al suo interesse per i meccanismi di associazione sincronizzati. Jung invitò Ferenczi ad una rilettura dell’opera di Freud sul sogno, principalmente per l’interesse comune relativo ai fenomeni della rimozione, di cui Freud parlava nell’ultimo capitolo del suo lavoro.
Fu così che Ferenczi rivalutò l’opera e nel 1908 chiese un incontro a Freud (Bokanowski, 1997). Freud dimostrò interesse per il lavoro di Ferenczi e lo invitò al Primo Congresso di Psicoanalisi di Salisburgo. Alla conferenza parteciparono tra gli altri, Jung con il suo lavoro sulla dementia praecox, e Freud con la presentazione del caso clinico dell’uomo dei topi. Da quel momento in poi ebbe inizio una lunga collaborazione.
Secondo Bokanowski (1997), Ferenczi partecipò durante il viaggio verso Worcester all’analisi dei sogni di Freud e Jung e alla fine del viaggio l’amicizia tra Freud e Ferenczi ne risultò rinsaldata – al contrario di quella tra Freud e Jung.
Tuttavia in un successivo viaggio in Italia sembrerebbe che Ferenczi si sia mostrato eccessivamente bisognoso e dipendente dall’approvazione di Freud, che associò la situazione alla precoce morte del padre di Ferenczi. Un altro episodio spiacevole tra i due riguarda le vicende sentimentali di Ferenczi, che s’invaghì prima di una donna sposata, poi della figlia di questa donna, che prese anche in analisi mettendo sé stesso e Freud in una posizione scomoda.
Ferenczi era un medico ungherese. Intraprese l’attività di psichiatra e lavorò in particolare con gli omosessuali (Bokanowski, 1997). Come psichiatra si era interessato all’ipnosi e ai meccanismi eziologici della nevrosi. Aveva letto le opere di Freud e Breuer sull’isteria, e anche L’Interpretazione dei sogni, ma non ritenne le idee di Freud eccezionali, fin quando non si avvicinò a Jung, grazie al suo interesse per i meccanismi di associazione sincronizzati. Jung invitò Ferenczi ad una rilettura dell’opera di Freud sul sogno, principalmente per l’interesse comune relativo ai fenomeni della rimozione, di cui Freud parlava nell’ultimo capitolo del suo lavoro.
Fu così che Ferenczi rivalutò l’opera e nel 1908 chiese un incontro a Freud (Bokanowski, 1997). Freud dimostrò interesse per il lavoro di Ferenczi e lo invitò al Primo Congresso di Psicoanalisi di Salisburgo. Alla conferenza parteciparono tra gli altri, Jung con il suo lavoro sulla dementia praecox, e Freud con la presentazione del caso clinico dell’uomo dei topi. Da quel momento in poi ebbe inizio una lunga collaborazione.
Secondo Bokanowski (1997), Ferenczi partecipò durante il viaggio verso Worcester all’analisi dei sogni di Freud e Jung e alla fine del viaggio l’amicizia tra Freud e Ferenczi ne risultò rinsaldata – al contrario di quella tra Freud e Jung.
Tuttavia in un successivo viaggio in Italia sembrerebbe che Ferenczi si sia mostrato eccessivamente bisognoso e dipendente dall’approvazione di Freud, che associò la situazione alla precoce morte del padre di Ferenczi. Un altro episodio spiacevole tra i due riguarda le vicende sentimentali di Ferenczi, che s’invaghì prima di una donna sposata, poi della figlia di questa donna, che prese anche in analisi mettendo sé stesso e Freud in una posizione scomoda.
Ferenczi, anticipò temi fondamentali quali l’introiezione, la scissione, e la
frammentazione che verranno successivamente ripresi ed ampliati da Melanie
Klein, di cui fu analista. Ferenczi analizzò anche Jones, sebbene questi, nella sua
opera sulla vita di Freud, lo abbia accusato di instabilità emotiva (Jones, 1953).
L’autore anticipò anche il concetto di oggetto transizionale, approfondito in
seguito da Winnicott, e in generale i temi della relazione.
Il sogno, per Ferenczi può essere considerato un ponte tra intrapsichico e intersoggettivo (Bolognini, 2000). Rispetto a questo tema, la grande innovazione dell’approccio di Ferenczi è data infatti dall’attenzione a temi meno “metapsicologici” o “topografici”, per focalizzarsi sul vissuto del paziente.
Ferenczi introduce anche dei cambiamenti fondamentali nella tecnica psicoanalitica, che tengono primariamente in considerazione l’analista in quanto persona che partecipa allo scambio con il paziente, e non più unicamente come schermo speculare attraverso cui si analizza soltanto il materiale proveniente dal paziente (Ferenczi, Rank, 1924). Queste innovazioni costeranno a Ferenczi l’esclusione dalla Società Psicoanalitica Viennese.
Il sogno come elemento psichico dotato di senso psicodinamico, viene preso in considerazione da Ferenczi intorno al 1909. In quell’anno l’autore pubblica L’interpretazione scientifica dei sogni, un saggio in cui prende in esame, a partire dall’idea freudiana di sogno come elemento dotato di significato e appagamento di un desiderio represso, una serie di sogni di alcuni suoi pazienti, di cui analizza il significato. In quegli stessi anni anche Jung scrisse un lavoro analogo (L’analisi dei sogni), probabilmente questi scritti avevano lo scopo di divulgare la teoria freudiana nei paesi d’origine dei due autori.
Nel lavoro del 1909 Ferenczi riporta gli elementi di base della teoria freudiana del sogno, quindi indica alcuni simboli: la serratura come simbolo della masturbazione femminile, l’armadio come simbolo dei genitali femminili, cadere dall’alto come declino etico o materiale, il corpo umano come una casa, sparare come atto del coito.
A tale proposito Ferenczi ripete la raccomandazione di Freud sull’uso delle libere associazioni e del simbolismo nell’interpretazione: non è possibile rifarsi ad un “libretto dei sogni” in cui trovare subito la spiegazione per ogni piccolo frammento, ma bisogna indagare il significato dei simboli mediante la collaborazione nelle associazioni con il paziente.
Ferenczi a differenza di Freud – che utilizzò i propri sogni nell’esposizione della Traumdeutung – parte dall’analisi dei sogni dei propri pazienti, e non indugia nell’autoanalisi – perlomeno non pubblicamente – nonostante la ritenga un esercizio indispensabile per chiunque voglia studiare i processi inconsci.
Il sogno, per Ferenczi può essere considerato un ponte tra intrapsichico e intersoggettivo (Bolognini, 2000). Rispetto a questo tema, la grande innovazione dell’approccio di Ferenczi è data infatti dall’attenzione a temi meno “metapsicologici” o “topografici”, per focalizzarsi sul vissuto del paziente.
Ferenczi introduce anche dei cambiamenti fondamentali nella tecnica psicoanalitica, che tengono primariamente in considerazione l’analista in quanto persona che partecipa allo scambio con il paziente, e non più unicamente come schermo speculare attraverso cui si analizza soltanto il materiale proveniente dal paziente (Ferenczi, Rank, 1924). Queste innovazioni costeranno a Ferenczi l’esclusione dalla Società Psicoanalitica Viennese.
Il sogno come elemento psichico dotato di senso psicodinamico, viene preso in considerazione da Ferenczi intorno al 1909. In quell’anno l’autore pubblica L’interpretazione scientifica dei sogni, un saggio in cui prende in esame, a partire dall’idea freudiana di sogno come elemento dotato di significato e appagamento di un desiderio represso, una serie di sogni di alcuni suoi pazienti, di cui analizza il significato. In quegli stessi anni anche Jung scrisse un lavoro analogo (L’analisi dei sogni), probabilmente questi scritti avevano lo scopo di divulgare la teoria freudiana nei paesi d’origine dei due autori.
Nel lavoro del 1909 Ferenczi riporta gli elementi di base della teoria freudiana del sogno, quindi indica alcuni simboli: la serratura come simbolo della masturbazione femminile, l’armadio come simbolo dei genitali femminili, cadere dall’alto come declino etico o materiale, il corpo umano come una casa, sparare come atto del coito.
A tale proposito Ferenczi ripete la raccomandazione di Freud sull’uso delle libere associazioni e del simbolismo nell’interpretazione: non è possibile rifarsi ad un “libretto dei sogni” in cui trovare subito la spiegazione per ogni piccolo frammento, ma bisogna indagare il significato dei simboli mediante la collaborazione nelle associazioni con il paziente.
Ferenczi a differenza di Freud – che utilizzò i propri sogni nell’esposizione della Traumdeutung – parte dall’analisi dei sogni dei propri pazienti, e non indugia nell’autoanalisi – perlomeno non pubblicamente – nonostante la ritenga un esercizio indispensabile per chiunque voglia studiare i processi inconsci.
Dall’analisi dei sogni dei pazienti nevrotici Ferenczi ricava una conoscenza
circa “il significato patologico e terapeutico dei sogni e della loro
interpretazione” (Ferenczi, 1909, p. 58).
Secondo Ferenczi l’analisi di un soggetto nevrotico può essere accelerata da una felice analisi dei sogni. Mediante il sogno infatti possono essere scoperti “complessi” che nelle libere associazioni della veglia potrebbero restare inconsci a causa del regime più alto della censura durante il giorno.
Il sogno può essere in questo modo osservato come una via breve alla scoperta del sintomo nevrotico, che se portato alla consapevolezza può accorciare il percorso verso la guarigione.
Ferenczi propone anche la possibilità, accennata da Freud, di una significatività diagnostica dei sogni che vede realizzata in una futura “psicologia patologica del sogno che tratti sistematicamente le particolarità della formazione onirica nei casi di isteria, nevrosi ossessiva, paranoia, dementia praecox, nevrastenia, nevrosi d’angoscia, alcolismo, epilessia, paralisi, deficienza mentale ecc.” (Ferenczi, 1909, p. 58).
L’autore dà anche qualche indicazione circa il rapporto tra paziente e analista con il sogno: l’analista non è soltanto un “catalizzatore”, ma un “motivo scatenante” del sogno (Ferenczi, 1909, p. 103). Il sogno infatti nasce dall’interazione tra paziente e analista e torna dal luogo in cui ha avuto origine. In questo senso Ferenczi sembrerebbe accennare al sogno di transfert.
Il contenuto onirico per Ferenczi ha valore non tanto per il suo contenuto, quanto per la qualità umorale e atmosferica che determina. In questo caso Ferenczi intende dire che il sogno dà informazioni fondamentali sulla modalità di funzionamento psicologico del soggetto all’interno di una situazione relazionale che ha determinato il sogno stesso. Ciò è molto evidente in Ferenczi che dà al sogno una valenza traumatolitica.
Il concetto di “traumatolico” (Ferenczi, annotazione del 23 marzo 1931) esprime una ulteriore differenziazione teorica di Ferenczi da Freud. Il significato del sogno, per Freud, riguarda la soddisfazione di un desiderio rimosso. Ferenczi invece rileva che nel sogno è possibile osservare la presenza di elementi sintomatici relativi a traumi vissuti nel passato. Il sogno viene in questo senso concepito da Ferenczi come traumatolitico, ovvero come elemento che costituisce un tentativo di soluzione dell’evento traumatico.
Nel lavoro onirico l’obiettivo perseguito dall’analista è quindi quello di ripetere mediante l’analisi del sogno la passività che il soggetto ha sperimentato durante l’evento traumatico. Il fine terapeutico dell’analisi del sogno è quello di rendere accessibili le impressioni sensoriali. Ma l’interpretazione del sogno è solo un aspetto formale del lavoro analitico, poiché ciò che è considerato indispensabile è che il paziente riesca a rivivere affettivamente le emozioni, per poterle elaborare.
Ferenczi ritiene infatti che il focalizzarsi sull’eccessiva consapevolezza sia una resistenza all’analisi.
Ferenczi postula l’esistenza di due possibilità per il sogno: nella prima si vive un’esperienza puramente emotiva, ovvero priva di contenuti ideativi (ciò è definito sogno primario), nella seconda (sogno secondario, sogno di deformazione) il trauma può giungere ad una soluzione. Il sogno secondario viene infatti deformato in senso ottimistico per poter accedere alla coscienza.
Borgogno (2000) spiega la funzione traumatolitica del sogno in questi termini
Secondo Ferenczi l’analisi di un soggetto nevrotico può essere accelerata da una felice analisi dei sogni. Mediante il sogno infatti possono essere scoperti “complessi” che nelle libere associazioni della veglia potrebbero restare inconsci a causa del regime più alto della censura durante il giorno.
Il sogno può essere in questo modo osservato come una via breve alla scoperta del sintomo nevrotico, che se portato alla consapevolezza può accorciare il percorso verso la guarigione.
Ferenczi propone anche la possibilità, accennata da Freud, di una significatività diagnostica dei sogni che vede realizzata in una futura “psicologia patologica del sogno che tratti sistematicamente le particolarità della formazione onirica nei casi di isteria, nevrosi ossessiva, paranoia, dementia praecox, nevrastenia, nevrosi d’angoscia, alcolismo, epilessia, paralisi, deficienza mentale ecc.” (Ferenczi, 1909, p. 58).
L’autore dà anche qualche indicazione circa il rapporto tra paziente e analista con il sogno: l’analista non è soltanto un “catalizzatore”, ma un “motivo scatenante” del sogno (Ferenczi, 1909, p. 103). Il sogno infatti nasce dall’interazione tra paziente e analista e torna dal luogo in cui ha avuto origine. In questo senso Ferenczi sembrerebbe accennare al sogno di transfert.
Il contenuto onirico per Ferenczi ha valore non tanto per il suo contenuto, quanto per la qualità umorale e atmosferica che determina. In questo caso Ferenczi intende dire che il sogno dà informazioni fondamentali sulla modalità di funzionamento psicologico del soggetto all’interno di una situazione relazionale che ha determinato il sogno stesso. Ciò è molto evidente in Ferenczi che dà al sogno una valenza traumatolitica.
Il concetto di “traumatolico” (Ferenczi, annotazione del 23 marzo 1931) esprime una ulteriore differenziazione teorica di Ferenczi da Freud. Il significato del sogno, per Freud, riguarda la soddisfazione di un desiderio rimosso. Ferenczi invece rileva che nel sogno è possibile osservare la presenza di elementi sintomatici relativi a traumi vissuti nel passato. Il sogno viene in questo senso concepito da Ferenczi come traumatolitico, ovvero come elemento che costituisce un tentativo di soluzione dell’evento traumatico.
Nel lavoro onirico l’obiettivo perseguito dall’analista è quindi quello di ripetere mediante l’analisi del sogno la passività che il soggetto ha sperimentato durante l’evento traumatico. Il fine terapeutico dell’analisi del sogno è quello di rendere accessibili le impressioni sensoriali. Ma l’interpretazione del sogno è solo un aspetto formale del lavoro analitico, poiché ciò che è considerato indispensabile è che il paziente riesca a rivivere affettivamente le emozioni, per poterle elaborare.
Ferenczi ritiene infatti che il focalizzarsi sull’eccessiva consapevolezza sia una resistenza all’analisi.
Ferenczi postula l’esistenza di due possibilità per il sogno: nella prima si vive un’esperienza puramente emotiva, ovvero priva di contenuti ideativi (ciò è definito sogno primario), nella seconda (sogno secondario, sogno di deformazione) il trauma può giungere ad una soluzione. Il sogno secondario viene infatti deformato in senso ottimistico per poter accedere alla coscienza.
Borgogno (2000) spiega la funzione traumatolitica del sogno in questi termini
“La Traumdeutung di Freud è subito per Ferenczi una sorta di Traume-deutung,
dove ciò che è traumatico è la quota di dolore presente in un’esperienza psichica
che il paziente può aver registrato senza avere tuttavia gli strumenti adatti per
riuscire a metabolizzarla. La funzione ‘traumatolitica’ dei sogni è di riproporre
un’esperienza eccessivamente dolorosa nel tentativo di darne creativamente una
soluzione migliore: una ripetizione che non è puramente istintuale, ma dell’Io,
per questo sforzo di modificare la sofferenza in modo più economico e più
vantaggioso. Tale punto di vista sarà prevalente nei suoi ultimi lavori laddove
Ferenczi sottolineerà che la censura, nell’imporre una distorsione, “valuta sia
l’entità del danno che la misura in cui l’individuo può sopportarlo, e ammette
alla percezione solo quel tanto di forma e contenuto del sogno che risulta
tollerabile, presentandolo, ove necessario, come adempimento di un desiderio
(1931, in 1920-1932, p. 187)” (pp. 85-86).
Il sogno è per Ferenczi soprattutto comunicazione della realtà psichica del
paziente (Borgogno, 1997). Il sogno infatti risulterà incomprensibile se slegato
da tale realtà.
Le potenzialità del sogno sono quindi quelle di offrire al paziente la possibilità di narrare e integrare la propria storia nell’ambito dell’incontro con l’analista: feeling is believing - sentire è credere (Ferenczi, 1913).
I sogni per Ferenczi non riguardano soltanto un’espressione simbolica di tendenze inconsapevoli, ma il tentativo di working-throught di eventi attuali, i cui resti diurni, chiamati da Ferenczi (1934) “resti di vita” riguardano nello specifico l’analista in quanto egli è in grado di rianimarli. Spesso, infatti, le persone che giungono in analisi hanno bisogno di ritrovare il contatto con gli affetti, e la loro vita relazionale è impoverita a causa di una mancanza di contatto con le emozioni che hanno isolato (Borgogno, 1998).
In questo senso Borgogno (1997), scorge in Ferenczi il germe di una psicoanalisi volta all’intersoggettività. Ferenczi esprime la sua opinione sull’importanza della relazione terapeutica affermando: “si può guarire con tutte le tecniche possibili: con interpretazioni tanto paterne quanto materne, con spiegazioni teoriche, mettendo in rilievo la situazione analitica, e finanche con la vecchia, buona suggestione e l’ipnosi” (Ferenczi, 1926, p. 383); per il suo approccio alla relazione e la sua considerazione del mondo interno, verrà considerato un capostipite degli indipendenti britannici.
Esempi di analisi di sogni:
Il sogno del “poppante sapiente” (1923)
Spesso i pazienti raccontano sogni in cui dei neonati o bambini piccolissimi o addirittura in fasce, sono in grado di scrivere con perfetto agio, di regalare a chi è a loro vicino parole profonde, di sostenere conversazioni colte, di tenere discorsi e così via. Il contenuto di questi sogni, sembra nascondere qualcosa di caratteristico. Una prima interpretazione superficiale del sogno fa venire fuori un concetto ironico della psicoanalisi, che, come si sa bene, dà più valore ed effetto psichico al vissuto della prima infanzia di quanto non si faccia abitualmente. Questa esagerazione ironica dell’intelligenza del bambino, non farebbe altro che esprimere chiaramente il dubbio sulle comunicazioni psicoanalitiche a questo proposito. Ma poiché fenomeni simili sono molto frequenti nei racconti, nei miti e nella tradizione religiosa, e sono spesso rappresentati concretamente nella pittura (il dibattito della Vergine Maria con i dottori
Le potenzialità del sogno sono quindi quelle di offrire al paziente la possibilità di narrare e integrare la propria storia nell’ambito dell’incontro con l’analista: feeling is believing - sentire è credere (Ferenczi, 1913).
I sogni per Ferenczi non riguardano soltanto un’espressione simbolica di tendenze inconsapevoli, ma il tentativo di working-throught di eventi attuali, i cui resti diurni, chiamati da Ferenczi (1934) “resti di vita” riguardano nello specifico l’analista in quanto egli è in grado di rianimarli. Spesso, infatti, le persone che giungono in analisi hanno bisogno di ritrovare il contatto con gli affetti, e la loro vita relazionale è impoverita a causa di una mancanza di contatto con le emozioni che hanno isolato (Borgogno, 1998).
In questo senso Borgogno (1997), scorge in Ferenczi il germe di una psicoanalisi volta all’intersoggettività. Ferenczi esprime la sua opinione sull’importanza della relazione terapeutica affermando: “si può guarire con tutte le tecniche possibili: con interpretazioni tanto paterne quanto materne, con spiegazioni teoriche, mettendo in rilievo la situazione analitica, e finanche con la vecchia, buona suggestione e l’ipnosi” (Ferenczi, 1926, p. 383); per il suo approccio alla relazione e la sua considerazione del mondo interno, verrà considerato un capostipite degli indipendenti britannici.
Esempi di analisi di sogni:
Il sogno del “poppante sapiente” (1923)
Spesso i pazienti raccontano sogni in cui dei neonati o bambini piccolissimi o addirittura in fasce, sono in grado di scrivere con perfetto agio, di regalare a chi è a loro vicino parole profonde, di sostenere conversazioni colte, di tenere discorsi e così via. Il contenuto di questi sogni, sembra nascondere qualcosa di caratteristico. Una prima interpretazione superficiale del sogno fa venire fuori un concetto ironico della psicoanalisi, che, come si sa bene, dà più valore ed effetto psichico al vissuto della prima infanzia di quanto non si faccia abitualmente. Questa esagerazione ironica dell’intelligenza del bambino, non farebbe altro che esprimere chiaramente il dubbio sulle comunicazioni psicoanalitiche a questo proposito. Ma poiché fenomeni simili sono molto frequenti nei racconti, nei miti e nella tradizione religiosa, e sono spesso rappresentati concretamente nella pittura (il dibattito della Vergine Maria con i dottori
della Legge), credo che l’ironia qui agisca unicamente da intermediario per evocare
ricordi più profondi e più gravi dell’infanzia del soggetto. Il desiderio di divenire
sapiente e di superare i “grandi” in saggezza e conoscenza non sarebbe altro che un
capovolgimento della situazione in cui si trova il bambino. Una parte dei sogni che
rappresentano questo contenuto manifesto e che io ho potuto studiare sono illustrati
dalla celebre frase del libertino: “Se soltanto avessi saputo fare un uso migliore
dell’allattamento!”. Infine non dimentichiamo che un buon numero di conoscenze sono
effettivamente ancora familiari al bambino, conoscenze che in seguito saranno sepolte
dalla forza della rimozione.
(Ferenczi, 1923 in Bokanowski, 1997, pp. 102-103).
Scambio di emozioni nel sogno
Un signore di una certa età fu svegliato durante la notte da sua moglie, preoccupata di sentirlo ridere così smodatamente durante il sonno. Il marito le raccontò di aver fatto un sogno: “Ero a letto; un uomo che conoscevo è entrato in camera; ho cercato di accendere la luce, ma non riuscivo ad arrivarci; provavo e riprovavo, ma invano. Anche mia moglie si era alzata dal letto per venirmi in aiuto, ma neppure lei era riuscita a concludere qualcosa; così vergognandosi di trovarsi in camicia da notte alla presenza di questo signore, aveva finito per rinunciarci ed era tornata a letto. Tutto ciò era così comico che sono stato preso da riso irrefrenabile, mentre mia moglie continuava a ripetermi: “Ma perchè ridi così, cosa c’è da ridere?”. Io non riuscivo a smettere fino a quando lei non mi aveva svegliato”. L’indomani il sognatore era estremamente abbattuto e soffriva di un terribile mal di testa. “Sono state quelle risate incredibili che mi hanno sfinito”, diceva. Dal punto di vista analitico questo sogno sembra molto meno divertente. Il “signore di sua conoscenza” che era entrato, è nel pensiero latente del sogno “l’immagine della morte, evocata la sera precedente sotto il nome di ‘grande sconosciuto’”. Il vecchio signore che soffriva di arteriosclerosi aveva avuto la sera precedente occasione di pensare alla sua morte. Le risate irrefrenabili sostituiscono le lacrime e i singhiozzi all’idea che egli debba morire. La lampada che non riesce ad accendere è la lampada della vita. Questo triste pensiero è in rapporto a un recente tentativo di coito non coronato da successo in cui anche l’aiuto di sua moglie in camicia da notte non era stato di alcun aiuto; allora ha preso coscienza del fatto che ormai era sulla china discendente. Il sogno è riuscito a trasformare quel triste pensiero dell’impotenza e della morte in una scena comica e i singhiozzi in riso. Ugualmente si incontrano scambi di emozioni e scambi di gesti di espressione nelle nevrosi, oltreché nel corso dell’analisi sotto forma di “sintomi transitori”.
(Ferenczi, 1916, pp. 95-96).
Come è possibile osservare dall’analisi di questi sogni, il modo di procedere di Ferenczi all’interpretazione è differente rispetto a quello freudiano. Esso si avvicina di più invece alle modalità suggerite da Jung e Rank. Ferenczi non suddivide minuziosamente il sogno nelle sue piccole componenti, ma lo considera nella sua interezza. Le associazioni e le informazioni che vengono fornite dal paziente, inoltre sono usate oltre che per essere esplorate, per confermare un significato attribuito, dunque l’attendibilità di un’interpretazione.
Il sogno è definito da Ferenczi memoria stratificata in movimento dinamico. Esso riguarda il presente e la ricerca di un Io vivibile, mediante l’esperienza dell’interazione psicoanalitica (Borgogno, 2000).
Esso è una comunicazione essenziale del paziente e può racchiudere in sé elementi fondamentali rispetto a ciò che viene “non detto” (verbalizzato). Mediante il sogno c’è la possibilità che questo materiale emerga in forma “sensoriale”.
Tutto ciò riveste un grosso valore nel momento dell’incontro tra paziente e analista, poiché, per Ferenczi, è esattamente questo il genere di materiale che costituisce un’analisi “riuscita”.
Qui Ferenczi fa riferimento ad un approccio basato su un'evoluzione del concetto che Freud chiamava abreazione. Propone cioè un approccio leggermente diverso e quanto mai attuale del transfert: la possibilità di sperimentare emotivamente i contenuti traumatici in un contesto di ripetizione protetto. Secondo Ferenczi, infatti i sogni vengono raccontati alla persona a cui si riferisce il contenuto latente. Nello specifico, la persona dell’analista. L’analista è la sorgente esogena del sogno: il paziente registra tutti i movimenti inconsci dell’analista e li ripropone nel sogno. Un esempio evidente di questo processo è il caso di una paziente di Otto Rank, citata da Ferenczi (1926, p. 381): la paziente di Rank fotografa prontamente il narcisismo del suo analista nel volerle proporre, circa l’interpretazione di un sogno, la propria teoria sulla nascita.
Scambio di emozioni nel sogno
Un signore di una certa età fu svegliato durante la notte da sua moglie, preoccupata di sentirlo ridere così smodatamente durante il sonno. Il marito le raccontò di aver fatto un sogno: “Ero a letto; un uomo che conoscevo è entrato in camera; ho cercato di accendere la luce, ma non riuscivo ad arrivarci; provavo e riprovavo, ma invano. Anche mia moglie si era alzata dal letto per venirmi in aiuto, ma neppure lei era riuscita a concludere qualcosa; così vergognandosi di trovarsi in camicia da notte alla presenza di questo signore, aveva finito per rinunciarci ed era tornata a letto. Tutto ciò era così comico che sono stato preso da riso irrefrenabile, mentre mia moglie continuava a ripetermi: “Ma perchè ridi così, cosa c’è da ridere?”. Io non riuscivo a smettere fino a quando lei non mi aveva svegliato”. L’indomani il sognatore era estremamente abbattuto e soffriva di un terribile mal di testa. “Sono state quelle risate incredibili che mi hanno sfinito”, diceva. Dal punto di vista analitico questo sogno sembra molto meno divertente. Il “signore di sua conoscenza” che era entrato, è nel pensiero latente del sogno “l’immagine della morte, evocata la sera precedente sotto il nome di ‘grande sconosciuto’”. Il vecchio signore che soffriva di arteriosclerosi aveva avuto la sera precedente occasione di pensare alla sua morte. Le risate irrefrenabili sostituiscono le lacrime e i singhiozzi all’idea che egli debba morire. La lampada che non riesce ad accendere è la lampada della vita. Questo triste pensiero è in rapporto a un recente tentativo di coito non coronato da successo in cui anche l’aiuto di sua moglie in camicia da notte non era stato di alcun aiuto; allora ha preso coscienza del fatto che ormai era sulla china discendente. Il sogno è riuscito a trasformare quel triste pensiero dell’impotenza e della morte in una scena comica e i singhiozzi in riso. Ugualmente si incontrano scambi di emozioni e scambi di gesti di espressione nelle nevrosi, oltreché nel corso dell’analisi sotto forma di “sintomi transitori”.
(Ferenczi, 1916, pp. 95-96).
Come è possibile osservare dall’analisi di questi sogni, il modo di procedere di Ferenczi all’interpretazione è differente rispetto a quello freudiano. Esso si avvicina di più invece alle modalità suggerite da Jung e Rank. Ferenczi non suddivide minuziosamente il sogno nelle sue piccole componenti, ma lo considera nella sua interezza. Le associazioni e le informazioni che vengono fornite dal paziente, inoltre sono usate oltre che per essere esplorate, per confermare un significato attribuito, dunque l’attendibilità di un’interpretazione.
Il sogno è definito da Ferenczi memoria stratificata in movimento dinamico. Esso riguarda il presente e la ricerca di un Io vivibile, mediante l’esperienza dell’interazione psicoanalitica (Borgogno, 2000).
Esso è una comunicazione essenziale del paziente e può racchiudere in sé elementi fondamentali rispetto a ciò che viene “non detto” (verbalizzato). Mediante il sogno c’è la possibilità che questo materiale emerga in forma “sensoriale”.
Tutto ciò riveste un grosso valore nel momento dell’incontro tra paziente e analista, poiché, per Ferenczi, è esattamente questo il genere di materiale che costituisce un’analisi “riuscita”.
Qui Ferenczi fa riferimento ad un approccio basato su un'evoluzione del concetto che Freud chiamava abreazione. Propone cioè un approccio leggermente diverso e quanto mai attuale del transfert: la possibilità di sperimentare emotivamente i contenuti traumatici in un contesto di ripetizione protetto. Secondo Ferenczi, infatti i sogni vengono raccontati alla persona a cui si riferisce il contenuto latente. Nello specifico, la persona dell’analista. L’analista è la sorgente esogena del sogno: il paziente registra tutti i movimenti inconsci dell’analista e li ripropone nel sogno. Un esempio evidente di questo processo è il caso di una paziente di Otto Rank, citata da Ferenczi (1926, p. 381): la paziente di Rank fotografa prontamente il narcisismo del suo analista nel volerle proporre, circa l’interpretazione di un sogno, la propria teoria sulla nascita.
L’analista deve invece, nella relazione con il paziente, avere tatto nel proporre
le sue interpretazioni, in modo che queste possano essere “digeribili” (Borgogno,
2000). Inoltre è necessario, secondo Ferenczi, mantenere un ascolto attento e
profondo sul contenuto del sogno, volto ad una comprensione dei contenuti
effettivamente affidati dal paziente all’analista; più che concentrarsi sul compito
di trovare una conferma narcisistica della propria teoria o modello. E’ immediata, in questo senso, la sensazione che si riceve, dalla lettura delle
opere di Ferenzi, di vivacità ed attualità nel modo di lavorare con i pazienti,
nello specifico in relazione ai sogni.
L’importanza dell’evoluzione teorica del pensiero di Ferenczi ci viene confermata anche dall’unico passo indietro operato da Freud (1920) nella sua definizione di sogno: ovvero quello relativo alla possibilità che il sogno possa riguardare, oltre che l’appagamento di un desiderio rimosso, anche i contenuti traumatici.
E’ possibile che l’attenzione sull’aspetto del trauma abbia fatto seguito agli avvenimenti storici che anche la psicoanalisi come disciplina, nella sua evoluzione, ha vissuto direttamente sulla propria pelle: ci riferiamo alle brutture della prima guerra mondiale; le discriminazioni razziali e i molti soldati e civili morti e feriti in guerra.
Questi eventi hanno sicuramente messo in evidenza l’urgenza di contenuti conflittuali che avevano a che fare più con la realtà, così come indica acutamente Ferenczi, rispetto alla considerazione di contenuti più strettamente intrapsichici, relativi all’infanzia e allo sviluppo di un funzionamento psicologico peculiare in adattamento – in maniera più circoscritta – alle circostanze familiari.
Ferenczi in questo senso parla di frammentazione e nello specifico di scissione.
La scissione non è prerogativa del sognatore, perchè è l’ambiente ad aver contribuito a determinarla e a continuare a favorirla impedendo agli eventi traumatici di essere rivissuti (Borgogno, 2000). Il sogno che per Ferenczi è memoria sepolta o revenants relativa anche alla propria storia familiare, è invece l’accadimento psichico principale in cui si determina la dissociazione: Ferenczi ne parla come di morte psichica e affettiva, in cui il contatto umano con l’esperienza traumatica è allontanato per mezzo di difese autistiche estreme (Borgogno, 2000). Come risposta a queste formazioni psichiche di blocco, Ferenczi propone un maggior calore e una maggiore partecipazione da parte dell’analista, così come una maggiore fiducia nella “reversibilità dei processi psichici” (1932, p. 279).
L’importanza dell’evoluzione teorica del pensiero di Ferenczi ci viene confermata anche dall’unico passo indietro operato da Freud (1920) nella sua definizione di sogno: ovvero quello relativo alla possibilità che il sogno possa riguardare, oltre che l’appagamento di un desiderio rimosso, anche i contenuti traumatici.
E’ possibile che l’attenzione sull’aspetto del trauma abbia fatto seguito agli avvenimenti storici che anche la psicoanalisi come disciplina, nella sua evoluzione, ha vissuto direttamente sulla propria pelle: ci riferiamo alle brutture della prima guerra mondiale; le discriminazioni razziali e i molti soldati e civili morti e feriti in guerra.
Questi eventi hanno sicuramente messo in evidenza l’urgenza di contenuti conflittuali che avevano a che fare più con la realtà, così come indica acutamente Ferenczi, rispetto alla considerazione di contenuti più strettamente intrapsichici, relativi all’infanzia e allo sviluppo di un funzionamento psicologico peculiare in adattamento – in maniera più circoscritta – alle circostanze familiari.
Ferenczi in questo senso parla di frammentazione e nello specifico di scissione.
La scissione non è prerogativa del sognatore, perchè è l’ambiente ad aver contribuito a determinarla e a continuare a favorirla impedendo agli eventi traumatici di essere rivissuti (Borgogno, 2000). Il sogno che per Ferenczi è memoria sepolta o revenants relativa anche alla propria storia familiare, è invece l’accadimento psichico principale in cui si determina la dissociazione: Ferenczi ne parla come di morte psichica e affettiva, in cui il contatto umano con l’esperienza traumatica è allontanato per mezzo di difese autistiche estreme (Borgogno, 2000). Come risposta a queste formazioni psichiche di blocco, Ferenczi propone un maggior calore e una maggiore partecipazione da parte dell’analista, così come una maggiore fiducia nella “reversibilità dei processi psichici” (1932, p. 279).
Nella nota del 10 agosto 1930 Ferenczi indica come la
dissociazione si manifesta nel paziente: dalla sensazione di aver reciso o
perduto la testa, alla vertigine, dall'essere travolti da un ciclone, alla proiezione
su oggetti non umani. La scissione è descritta invece come una lacerazione subita.
Secondo Borgogno (2000) l’analisi deve offrire un contenitore al sognatore in modo da poterlo scongelare, farlo rientrare nella sua pelle, superare la passività e l’anestesia. L’analista deve accogliere la regressione del paziente e assumersi la responsabilità del suo dolore psichico, aumentando l’ascolto e il coinvolgimento e indossando i suoi stessi panni prima di lui (Borgogno, 2000). Egli deve credere alle percezioni del sogno del paziente ed esplorarle soprattutto emotivamente. In questo modo, si consentirà al paziente di risperimentare il trauma, e trovare quindi una connotazione più consona a tale vissuto nel bagaglio della propria esperienza di vita.
Per Ferenczi in tal senso, l’analista si pone “alla pari” del paziente e non in posizione gerarchica (superiore). Il suo ruolo consiste nell’avvicinare il paziente con sensibilità e rispetto, e discernere tra le identificazioni portate dal paziente.
Sugli elementi della personalità del paziente in relazione “a chi sta parlando” dentro di lui, si può ravvisare anche un’anticipazione dei temi cari ai teorici delle relazioni oggettuali: l’introiezione e proiezione nella costruzione dell’identità (Borgogno, 2000).
I temi introdotti da Ferenczi anticipano i paradigmi teorici di molti autori a venire. I limiti del suo approccio appaiono sostanzialmente legati alle sue stesse questioni irrisolte: nella mutua analisi forse Ferenczi cercava un appoggio per sé stesso e una risoluzione ai conflitti di dipendenza che rimanevano aperti in lui.
Tale richiesta non venne esaudita da Freud in seguito alla richiesta di aiuto personale di Ferenczi.
Secondo Borgogno (2000) l’analisi deve offrire un contenitore al sognatore in modo da poterlo scongelare, farlo rientrare nella sua pelle, superare la passività e l’anestesia. L’analista deve accogliere la regressione del paziente e assumersi la responsabilità del suo dolore psichico, aumentando l’ascolto e il coinvolgimento e indossando i suoi stessi panni prima di lui (Borgogno, 2000). Egli deve credere alle percezioni del sogno del paziente ed esplorarle soprattutto emotivamente. In questo modo, si consentirà al paziente di risperimentare il trauma, e trovare quindi una connotazione più consona a tale vissuto nel bagaglio della propria esperienza di vita.
Per Ferenczi in tal senso, l’analista si pone “alla pari” del paziente e non in posizione gerarchica (superiore). Il suo ruolo consiste nell’avvicinare il paziente con sensibilità e rispetto, e discernere tra le identificazioni portate dal paziente.
Sugli elementi della personalità del paziente in relazione “a chi sta parlando” dentro di lui, si può ravvisare anche un’anticipazione dei temi cari ai teorici delle relazioni oggettuali: l’introiezione e proiezione nella costruzione dell’identità (Borgogno, 2000).
I temi introdotti da Ferenczi anticipano i paradigmi teorici di molti autori a venire. I limiti del suo approccio appaiono sostanzialmente legati alle sue stesse questioni irrisolte: nella mutua analisi forse Ferenczi cercava un appoggio per sé stesso e una risoluzione ai conflitti di dipendenza che rimanevano aperti in lui.
Tale richiesta non venne esaudita da Freud in seguito alla richiesta di aiuto personale di Ferenczi.
mercoledì 17 dicembre 2014
Lo sviluppo dell'Io nelle identificazioni di gruppo (radici teoriche in Freud, 1921)
“Se ricevo il
gesto di tenerezza nella sfera della domanda, io sono appagato:
quel gesto non
è forse come un miracoloso condensato della presenza?
Ma se invece lo ricevo (e
ciò può essere simultaneo) nella sfera del desiderio,
io sono inquieto: la
tenerezza, a buon diritto, non è esclusiva;
io devo perciò ammettere che ciò
che ricevo, anche altri lo ricevono
(talvolta mi è anzi dato di vederlo).
Dove
ti dimostri tenero, là individui il tuo plurale”
(Barthes, 1977, Frammenti di
un discorso amoroso)
Nell’opera Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921), Freud affronta il problema della relazione dell’individuo sia con l’Altro che all’interno del gruppo e della società. Freud afferma che l’Altro è sempre un “modello, un oggetto, amico o nemico” e definisce la natura della relazione oggettuale in contrapposizione ai fenomeni narcisistici che vengono realizzati indipendentemente da altre persone.
Freud affronta il tema della relazione gruppale: “Un gruppo si presenta come un insieme d’individui
che hanno tutti sostituito il loro ideale dell’Io con lo stesso oggetto, il che
porta all’identificazione del proprio Io”. Il gruppo può essere fondato secondo
l’autore dalla mancanza d’indipendenza e iniziativa da parte dell’individuo. Freud
cita Trotter (1916) che fa derivare i fenomeni psichici della massa da un
istinto gregario, innato negli uomini e negli animali. Questo tipo d’istinto è
in relazione alla pluricellularità e alla teoria della libido; esso è primario
e indecomponibile. L’individuo si sente incompleto quando è solo, il contrasto
con il gruppo equivale alla separazione da esso e ciò viene per questo motivo evitato.
Per Trotter gli istinti primari sono: conservazione, nutrizione, istinto sessuale
e gregario. Quest’ultimo può essere in contrasto con gli altri. La rimozione in
tale contesto deriva dal senso di colpa che consente la possibilità di aggregazione
(al contrario dell’antisocialità). L’istinto gregario tuttavia non è primario
quanto l’istinto di conservazione e l’istinto sessuale. L’istinto di
conservazione potrebbe essere uno spunto su cui riflettere ulteriormente: in
cosa consiste di fatto? La paura che il bambino prova quando è solo per Freud (1921) è desiderio insoddisfatto della madre che
diventa angoscia. Essa non si calma con l’apparizione di un qualunque uomo,
anzi può essere provocata dall’apparizione di un estraneo.
Queste descrizioni ricordano molto la teoria bowlbiana
dell’attaccamento (Bowlby, 1969, 1973, 1980). Il bambino però secondo Freud
(1921) nasce privo di tale istinto; esso si crea nella nursery come effetto del
rapporto con i genitori e come risultato della gelosia verso il fratello
minore. Tale gelosia, una volta superata andrebbe secondo l’autore a creare il
senso di comunità. Lo spirito di gruppo deriva pertanto dal superamento della
gelosia. La socialità pertanto riguarda la trasformazione di un sentimento
ostile in un “attaccamento positivo”,
ovverosia in un’identificazione.
Freud (1921) in questo caso corregge l’affermazione di
Trotter (1916) circa l’uomo come animale gregario, esso è invece un animale di
un’orda, cioè un elemento costitutivo di un’orda guidata da un capo. Per Freud (1921)
si distingue quindi una psicologia individuale e una di gruppo. Il capo del
gruppo è libero, ha pensiero proprio forte e indipendente, la sua volontà non
ha bisogno di essere rafforzata da quella degli altri. Egli è simile al Superuomo
di Nietzsche (1883).
Come si sviluppa l’Io
nelle identificazioni con il gruppo e in relazione ad un capo potente?
L’individuo può ottenere diverse identificazioni in relazione a vari gruppi di
cui fa parte, inoltre la rinuncia dell’ideale dell’Io in relazione all’ideale
collettivo non è uguale in tutti i casi: tale scissione talvolta può
coesistere, insieme al narcisismo conservato del soggetto. Per alcuni l’istinto
gregario deriva dall’incarnazione del capo del proprio ideale dell’Io, mentre
per altri, per i quali tale incarnazione non è completa, l’aggregazione avviene
per identificazioni o mediante la suggestione. In questo passaggio dello
sviluppo dell’Io rispetto al gruppo
di Freud, possiamo rintracciare alcuni meccanismi di formazione della
personalità secondo identificazioni veicolate dal gruppo, che verranno poi
ampiamente descritte da Erickson (1982) nella disamina sulla formazione
dell’identità in adolescenza. Freud spiega che il differenziarsi nel gruppo può
produrre una difficoltà nel funzionamento psichico; causarne arresto o malattia.
La separazione dell’Io dall’ideale
dell’Io, non può durare a lungo senza generare uno scompenso. Quando Io e ideale dell’Io coincidono si ha
sensazione di trionfo, quando sono in tensione, emerge il senso di colpa e di
inferiorità. L’amore respinto ad esempio, diventa malinconia nel soggetto
perché i rimproveri rivolti all’oggetto abbandonato ricadono sul Sé.
Il bambino secondo Freud si lega agli altri mediante la deviazione
della pulsione sessuale, che è l’unica reale spinta al legame. La tenerezza e
l’attaccamento affettivo derivano pertanto dalla rimozione della pulsione
sessuale. Le tendenze sessuali secondo Freud sono contrarie all’istinto
gregario. Queste affermazioni di fatto sembrano essere spiegate più esaustivamente dalla
concezione della motivazione complessa all’attaccamento di Lichtenberg (2012), ma possono essere apprezzate in quanto
rivelano un Freud paradossalmente “relazionale”.
domenica 5 ottobre 2014
Narcisismo e analisi del Sè. Trasformazioni terapeutiche nell'analisi di personalità narcisistiche (Kohut, H., 1971).
(articolo redatto da: Alessia D'Alterio; Antonietta Madia)
Alcuni concetti chiave:
Amore oggettuale: c’è differenza tra le dinamiche oggettuali e quelle narcisistiche.
La personalità si forma mediante l’interiorizzazione della libido narcisistica
investita sull’oggetto-sé. La libido narcisistica svolge un ruolo anche nei
rapporti oggettuali ed è un carburante per molte attività socioculturali come
la creatività. Un esempio della differenza tra amore narcisistico e oggettuale
riguarda il caso emblematico della personalità dipendente, la quale non ricerca
l’oggetto della sua dipendenza in quanto tale ma per le funzioni che essa
svolge e che non è in grado di adempiere in quanto non si è stabilita una
sufficiente struttura superegoica. Gli oggetti ricercati in questo caso non
sono dunque né desiderati, né riconosciuti come oggetti in senso pulsionale
(ovverosia investiti di libido in sé), bensì essi sono necessari in quanto
pezzi del Sé dell’individuo non interiorizzati. I disturbi narcisistici possono
essere molto precoci e rivelare una debolezza strutturale massiva, possono
riguardare il periodo pre-edipico interferendo con lo sviluppo della struttura
di neutralizzazione (Io), o edipici configurandosi sottoforma di una struttura
superegoica carente e alla ricerca continua di oggetti esterni di validazione.
Traslazione idealizzante: si parla di traslazione idealizzante in relazione alla
perfezione narcisistica totale dell’oggetto-sé arcaico onnipotente e
idealizzato e alla sua riattivazione nel contesto analitico. Lo sviluppo
psichico non si esaurisce nell’investimento mediante pulsioni: la mente tende a
sovrapporre esperienze analoghe di oggetto-sé riattivate nel transfert e le
idealizzazioni lasciano un’impronta duratura nella personalità.
Io-Sè: una delle maggiori
innovazioni teoriche introdotte da Kohut riguarda una differenziazione tra le
strutture già note dal lavoro metapsicologico di Freud nella seconda topica e
la definizione di un nuovo concetto: il Sé. I due vertici di osservazione
psicoanalitici dell’evoluzione psichica non sono alternativi, bensì possono
essere considerati in maniera parallela anche se gerarchica. Mentre
l’evoluzione dello sviluppo funzionale dell’Io è conseguente a quello del Sé,
non si può dire il contrario, in quanto il Sé costituisce una costellazione
psicologica organizzata di base che determina in maniera drammatica qualsiasi
tipo di esito successivo, anche pulsionale. La focalizzazione analitica
dall’aspetto pulsionale a quello narcisistico vira anche l’attenzione
dell’osservatore o studioso in senso sociologico: i tempi sono cambiati e ciò a
cui assistiamo nella clinica non è più l’Uomo colpevole freudiano che punta
alla soddisfazione pulsionale, bensì l’Uomo tragico volto disperatamente alla
ricerca e alla realizzazione del proprio Sé.
Nevrosi di traslazione: riguarda la lotta tra
le pulsioni infantili e le forze interne che vi si oppongono. In questa
circostanza l’analista come figura di traslazione, non è sperimentato
nell’ottica di un rapporto interpersonale, bensì come portatore di strutture
endopsichiche inconsce (ricordi inconsci) dell’analizzando (Es.: un paziente
racconta di non aver pagato il biglietto dell’autobus per arrivare in seduta.
Egli nota che il volto dell’analista è serio mentre lo saluta. In questo caso
l’analista come figura di traslazione è un’espressione del Super-io[1]
inconscio dell’analizzando).
Sé grandioso: nella
concezione dello sviluppo psichico kohutiana, il narcisismo assume valore
centrale. Il Sé grandioso è definito contemporaneamente all’IPI come struttura
arcaica di quello che sarà poi il Sé maturo. Il rapporto con l’ambiente reale
(la madre) determinerà pertanto gli esiti di quello che è stato precedentemente
definito da Freud (1914) narcisismo primario. La possibilità del bambino di
concentrare su se stesso tutta la perfezione e il potere, consentirà lo
sviluppo di un livello libidico narcisistico adeguato allo sviluppo di un Sé
vitale e coeso e, in definitiva, di una personalità integra e sana.
Empatia: Capacità di porsi nella situazione di un’altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro. Con questo termine si suole rendere in italiano quello tedesco di Einfuhlung. In estetica, il termine indica un tipo di percezione vissuta antropomorficamente di fronte a oggetti: una colonna sottile che regge un grosso capitello può suscitare un senso di disagio, di squilibrio, di sforzo. Questi fenomeni sono stati studiati da T. Lipps (1903) come emozioni estetiche. L’empatia è la capacità di comprendere a pieno lo stato d'animo altrui, sia che si tratti di gioia, che di dolore. Empatia significa sentire dentro ed è una capacità che fa parte dell’esperienza umana ed animale. Si tratta di un forte legame interpersonale e di un potente mezzo di cambiamento. Il concetto può prestarsi al facile riduttivismo mettersi nei panni dell’altro, mentre invece significa andare non solo verso l’altro, ma anche portare questi nel proprio mondo. Essa rappresenta, inoltre la capacità di un individuo di comprendere in modo immediato i pensieri e gli stati d'animo di un’altra persona. L’empatia è dunque un processo: essere con l’altro. L’empatia costituisce un modo di comunicare nel quale il ricevente mette in secondo piano il suo modo di percepire la realtà per cercare di far risaltare in sé stesso le esperienze e le percezioni dell’interlocutore. È una forma molto profonda di comprensione dell’altro perché si tratta d’immedesimazione negli altrui sentimenti. Ci si sposta da un atteggiamento di mera osservazione esterna (di come l’altro appare all’immaginazione) al come invece si sente interiormente (con quell'esperienza di vita, con quelle origini, cercando di guardare attraverso i suoi occhi).
Traslazione narcisistica: in maniera differente
rispetto alla traslazione nevrotica in questo caso l’analista non funge da
schermo per la proiezione della struttura interna dell’analizzando come avviene
di norma nelle nevrosi, bensì egli diventa una “continuazione diretta di una realtà primitiva che era troppo distante,
troppo rifiutante o troppo instabile per essere trasformata in una solida
struttura psicologica” (Kohut, 1959, p. 17). Ovverosia rimette in moto lo
sviluppo narcisistico del Sé del paziente, dal livello in cui esso è rimasto bloccato.
Una differenza che si osserva nei pazienti con problematiche principalmente
narcisistiche rispetto ai pazienti nevrotici – o anche nei pazienti nevrotici
stessi che ad ogni modo secondo Kohut devono essere trattati secondo le
innovazioni scientifiche della Psicologia del Sé –, è possibile differenziare
la qualità conflittuale nevrotica rispetto a quella narcisistica della tematica
presentata in analisi mediante il tipo di angoscia manifestata. Quando questa
concerne un fatto preciso, delimitato e concreto, essa è manifestazione di
nevrosi, mentre quando l’angoscia è diffusa, ciò è indicatore di una maggiore
compromissione patologica che riguarda la coesione di base del Sé, e spesso la
sensazione che si ha all’ascolto di questi pazienti è di senso di soffocamento
e noia.
Kohut fornisce una
panoramica rispetto agli effetti specifici e aspecifici dell’elaborazione della
traslazione narcisistica.
Il cambiamento
aspecifico più importante riguarda la maggiore capacità di amore oggettuale.
I fattori specifici invece
riguardano tutti strettamente l’ambito del narcisismo (empatia, creatività,
saggezza e umorismo).
Accrescimento ed espansione dell’amore
oggettuale
1) Costituisce una mobilitazione
libidica secondaria resa possibile in conseguenza della riattivazione dei
legami affettivi che erano precedentemente inaccessibili a causa del muro
regressivo del narcisismo.
Il Sé si apre al mondo esterno ed esce dall’isolamento in virtù della
maggiore libido idealizzante ora disponibile a depositarsi sugli oggetti.
2) L’accresciuta
capacità di amore oggettuale del paziente narcisista è collegata anche in
maniera diretta all’elaborazione
dell’area primaria della psicopatologia, ovverosia del narcisismo. Gli
investimenti oggettuali sono più profondi a livello emotivo rispetto a quanto
lo fossero in precedenza. L’investimento oggettuale, se non era già presente in
precedenza verrà mobilitato dall’analisi.
L’investimento libidico
oggettuale è facilitato dalla maggiore libido idealizzante resa disponibile
dall’elaborazione del narcisismo.
Tale genere di progresso
deriva dall’elaborazione sistematica della traslazione idealizzante.
Il risultato del
maggiore investimento oggettuale con cariche idealizzanti, produce una maggiore
intensità nell’esperienza erotica del paziente sia che essa riguardi la
relazione amorosa con un altro essere umano, che la devozione ai suoi impegni e
doveri.
Ora sarà possibile
gestire in maniera più equilibrata le cariche libidiche: la componente
narcisistica dell’amore totale è relativa, essa contribuirà all’esperienza
d’amore del soggetto, ma gli investimenti libidici centrali mobilitati saranno
di tipo oggettuale.
La maggiore
disponibilità degli investimenti oggettuali non indica comunque che il
narcisismo messo in moto dalla situazione analitica (libido sul Sé) si sia
trasformato completamente di fatto in amore oggettuale, tutt’al più questa
maturazione è dovuta alla libido oggettuale che era già presente, ma che era
stata rimossa.
Questo tipo di configurazione
riguarda il risultato terapeutico dei settori definiti da Kohut di “psicopatologia
secondaria” ovverosia la nevrosi di traslazione, in un paziente che soffre in
via primaria di un disordine narcisistico della personalità.
Kohut ribadisce il
doppio registro già delineato in precedenza rispetto alla metapsicologia e
quindi alle possibilità di cura: da un lato c’è la condizione narcisistica e le
vicende del Sé, dall’altro l’Io e il destino delle sue strutture.
L’attenzione alla
questione narcisistica tuttavia è centrale e fondamentale e deve essere,
secondo Kohut (1971, 1977), prioritaria rispetto alla considerazione dei
conflitti pulsionali, in quanto i benefici dell’analisi delle problematiche
narcisistiche determinano anche, in conseguenza, il buon esito della
strutturazione delle funzioni dell’Io.
La possibilità di amore
oggettuale, passa attraverso l’investimento libidico del Sé e la sua coesione.
Un sé coeso può investire gli oggetti libidici delle proprie pulsioni, mentre
un Sé non integro o frammentato, blocca le proprie capacità di investimento ad
un livello tale che i moti oggettuali pulsionali saranno preclusi o immaturi.
3) Un risultato
aspecifico dell’analisi sistematica del narcisismo è anche l’accresciuta
capacità di amore oggettuale dovuta alla maggiore
forza del Sé, ovverosia alla maggiore coesione e delimitazione dei confini
del Sé al di là dei suoi investimenti. Così come l’Io accresce la sua capacità
di gestire una varietà di compiti professionali alla maggiore coesione del Sé,
l’Io diventa centro esecutore della maggiore capacità di amore oggettuale. Dice
Kohut (1971, p. 286): “Quanto più sicura è una persona riguardo alla
possibilità di essere accettata, quanto più certo è il suo senso di chi egli
sia, e quanto più interiorizzato è il suo sistema di valori, tanto più egli
riuscirà ad offrire il suo amore con fiducia e in maniera efficace (a estendere
cioè i suoi investimenti libidico-oggettuali) senza un’indebita paura di essere
rifiutato e umiliato”.
Sviluppi progressivi e integrativi dell’ambito
narcisistico
Kohut si riferisce ai
risultati del trattamento psicoanalitico dei disturbi narcisistici affermando
che è in quest’ambito che avvengono i risultati più significativi e
determinanti. Essi riguardano:
1)
L’imago parentale idealizzata che viene integrata nelle strutture dell’Io e del Super-io: a) man
mano che gli aspetti pre-edipici precoci arcaici sono abbandonati vengono
interiorizzati in forma neutralizzata e diventano parte della struttura dell’Io
che resta adibita a tali funzioni (neutralizzazione, controllo e incanalamento).
Il paziente infatti inizialmente è in grado di svolgere queste funzioni solo se
si sente fuso e unito all’analista idealizzato; b) gli aspetti preedipici tardi
ed edipici dell’imago parentale idealizzata vengono quindi abbandonati,
interiorizzati e depositati nel Super-io. Il Super-io diventa una fonte di
comando e guida interna, di approvazione stimolante, di maggiore integrazione
dell’Io e dell’omeostasi narcisistica, che il paziente in precedenza godeva
solo se si sentiva legato all’analista idealizzato e corrisposto.
2)
Il
Sé grandioso che produce
un’integrazione sia della grandiosità infantile che della libido esibizionistica arcaica: a) la prima viene integrata nelle ambizioni e negli scopi della personalità
conferendo vigore ai moti maturi della personalità e sensazione di avere
diritto al successo. Questo sentire da conquistatore (Freud 1917, p. 14; 1953,
p. 29) è un derivato addomesticato dell’assolutismo solipsistico della psiche
infantile; b) la seconda viene anch’essa neutralizzata dalle mete infantili di
soddisfacimento per fluire nelle mete adattate e socialmente importanti della
realtà adulta. L’esibizionismo che era causa di vergogna diventa fonte di autostima e di piacere sintonico
all’Io.
3)
L’elaborazione
della traslazione narcisistica è dunque
una conquista che riguarda la personalità totale, ma dipende dalla
mobilitazione delle posizioni narcisistiche arcaiche.
Empatia
E’ descritta da Kohut
come una modalità conoscitiva adatta alla percezione di configurazioni
psicologiche complesse.
L’Io utilizza l’empatia
quando deve raccogliere dati psicologici, mentre usa modalità non empatiche per
raccogliere dati di differente natura, ovverosia non inerenti la vita interiore
dell’uomo (vedi Freud 1915c per differenza tra campo psicologico e non
psicologico). Ci sono diversi tipi di disturbi che riguardano l’uso
dell’empatia alcuni più gravi, altri minori.
I disturbi gravi
dell’empatia sono distinti da Kohut in due gruppi:
1)
Uso improprio dell’empatia
nell’osservazione di aree esterne al campo dei dati psicologici complessi. Utilizzare l’empatia
per osservare dati non psicologici porta ad una percezione erronea della
realtà, prerazionale, animistica, manifestazione di infantilismo percettivo e
conoscitivo. Anche nella psicologia scientifica l’empatia non conduce da sola
alla spiegazione dei dati psicologici. Bisogna analizzare le interconnessioni
causali in termini lontani dall’osservazione (Hartmann, 1927). Se l’empatia si
espandesse dalla raccolta di dati alla fase esplicativa della psicologia
scientifica – definita verstehend
ovvero comprensiva (Dilthey, 1924; Jaspers, 1913) e non erklärend cioè esplicativa – ciò equivarrebbe a una regressione
sentimentaleggiante alla soggettività ovverosia un infantilismo conoscitivo
nell’ambito delle attività scientifiche umane.
2)
Uso improprio
dell’empatia nell’osservazione di aree riguardanti il campo dei dati
psicologici complessi. Non utilizzando l’empatia in questi casi la realtà
psicologica viene letta in senso meccanicistico ed inanimato. In questa
categoria cadono i difetti più gravi dell’empatia ovvero quelli di natura
primaria, dovuti a fissazioni o regressioni narcisistiche, nell’area degli
stadi arcaici dello sviluppo del Sé. Quest’ultimo genere di mancanza di empatia
è ricondotto da Kohut a disturbi precoci del rapporto madre-bambino, dovuti a
freddezza emotiva della madre o insensibilità congenita del bambino o ancora,
mancanza di coerenza nel rapporto. Questo tipo di problematica porta anche al
fallimento nell’istaurarsi dell’imago parentale idealizzata, al blocco delle
prime fasi di relazione empatica tra madre e bambino e all’iperinvestimento
degli stadi primitivi del Sé corporeo (autoerotico) e del Sé grandioso,
anch’esso bloccato per carenza delle necessarie risposte di ammirazione da
parte della madre.
Ci sono poi una serie di disturbi minori o secondari dell’empatia. Kohut fa l’esempio dell’incapacità
da parte di allievi in fase di training psicoanalitico di essere empatici nei
confronti dei loro pazienti. Questa mancanza di empatia si configura come un’inibizione
difensiva ed è una formazione reattiva contro la percezione animistica del
mondo che viene rimossa oppure più frequentemente isolata e scissa. Secondo
Kohut essa, ed è tipica delle personalità ossessive.
Risposte emotive e soggettive ai sentimenti
altrui e valutazione oggettiva ovvero scientifica dei dati psicologici. L’empatia
è a volte considerata simile all’intuizione,
ciò porta a stabilire un illegittimo contrasto tra risposte emotive e
soggettive ai sentimenti altrui e valutazione oggettiva. L’intuizione tuttavia
non è strettamente correlata all’empatia: essa riguarda una serie di operazioni
che vengono svolte molto velocemente da un medico, così come da come un
computer che vaglia in breve tempo diverse combinazioni; tuttavia essa si
differenzia dai giudizi non intuitivi soltanto per la sua velocità. La
psicoanalisi ha consentito di utilizzare l’empatia intuitiva degli artisti e
dei poeti nel campo della ricerca scientifica. Tuttavia lo psicoanalista deve
essere capace di comprensione empatica così come di abbandonare tale tipo di
comprensione, questo tipo di capacità di oscillazione tra le due posizioni
consente di raccogliere i dati psicologici utili e di poterli poi analizzare
per spiegarli. Questo tipo di oscillazione rispecchia la configurazione pratica/teoria: c’è bisogno di insight e
dell’ampiezza dell’esperienza emotiva umana così come del lavoro teorico.
Un compito specifico dell’analisi didattica è
pertanto quello di sciogliere le posizioni narcisistiche dell’analizzando nei
settori legati alle capacità empatiche, fino a raggiungere un dominio dell’Io
per il quale egli ha acquisito la capacità autonoma di adoperare o abbandonare
la posizione empatica a seconda delle esigenze professionali.
La capacità empatica aumenta in conseguenza alla
mobilitazione del narcisismo arcaico congelato, mentre diminuisce la capacità
intuitiva che è una sostituzione del desiderio di onniscienza e del pensiero
magico con la logica. La possibilità di abbandonare il dominio dell’intuizione
implica la possibilità di sopportare i ritardi imposti dall’osservazione
attenta dei dati. Eccezione a questo processo riguarda le personalità che
avevano opposto forti formazioni reattive contro il pensiero magico e la
propria onniscienza (due caratteristiche tipiche del narcisismo arcaico): esse
diverranno maggiormente razionali ma più veloci, e si baseranno maggiormente
sul preconscio invece di elaborare lungamente e faticosamente i dati.
La mobilitazione del narcisismo arcaico
determina comunque una espansione delle capacità empatiche che è sempre
autentica: per quanto riguarda l’oggetto idealizzato, esso aumenta l’empatia
nei confronti degli altri, nel caso del Sé grandioso, soprattutto l’empatia nei
confronti di sé stessi.
Questo obiettivo dell’analisi può essere oggetto
di resistenze che bloccano il progresso analitico oppure lo capovolgono
contemporaneamente una volta che esso è stato raggiunto.
Come illustrato da Kohut nel cap. 11, ci sono
varie resistenze che si oppongono allo sviluppo dell’empatia nel corso della
sua acquisizione. Tali resistenze possono presentarsi allo stesso modo nella
situazione analitica.
Nel caso in cui il disturbo empatico è legato ad una mancanza di empatia nei genitori
(essa è difettosa o inattendibile) il bambino cerca espedienti per tenere gli
altri a distanza in modo da proteggersi dalla delusione di non essere compreso
o ricevere risposte adeguate (vedi cap. 1 su personalità schizoide). In questo
caso particolare la psiche del paziente si sentirà esposta a due tipi di
pericoli:
1)
oltre
al piacere il paziente avvertirà una sensazione spiacevole di eccitamento e
stimolazione, seguito da un’angoscia suscitata dal timore di fusione regressiva che può manifestarsi sotto forma di
illusione temporanea di identità corporea e porta al tentativo di contenere o
scaricare le tensioni sessualizzandole in maniera grossolana (vedi cap. 8 su
stati traumatici).
2)
Si
determinano resistenze legate a paure di
passività, specialmente per gli uomini come rischio di sottomissione.
Queste paure nascono
dalla comprensione che l’analista è un essere umano capace di reagire con
emozioni ed empatia all’analizzando.
La protezione dell’isolamento
narcisistico e il pericolo che comporta rinunciare a questa sicurezza vengono
descritti da Kohut nel sogno del signor Q. Questo paziente aveva perso la madre
nella prima infanzia e a seguire anche altre figure materne.
“Sognò che era solo in casa e che guardava fuori dalla
finestra; accanto a sé aveva il suo equipaggiamento da pesca. Attraverso la
finestra vedeva numerosi bei pesci, grandi e piccoli, che nuotavano
tutt’intorno, e provava il desiderio di andare a pescare. Si rendeva conto però
che la sua casa era in fondo al lago e che non appena avesse aperto la finestra
per pescare, l’intero lago avrebbe invaso la casa e l’avrebbe sommerso” (Kohut,
1971, p. 295).
Altre resistenze possono
manifestarsi come rifiuto della
comprensione dell’analista che si suppone piena di condiscendenza: l’empatia accompagnata da un atteggiamento di cura
diretta attraverso la comprensione amorevole può essere autoritaria e noiosa
ovvero poggiare sulle irrisolte fantasie di onnipotenza dell’analista.
Seppure l’analista sia
attento all’uso dello strumento empatico utilizzandolo come forma di
comunicazione appropriata, il semplice fatto che il paziente acconsenta ad
essere compreso e corrisposto empaticamente lo lascia esposto alla paura
arcaica delle delusioni precoci. Egli può pertanto diventare sospettoso,
sentirsi manipolato dall’analista etc. Questi atteggiamenti paranoidi in genere durano poco e vengono risolti
nell’interpretazione genetica e dinamica. Qualunque sia l’esito delle
resistenze ad ogni modo un accrescimento delle capacità empatiche verso gli
altri e l’accettazione che anche gli
altri possano comprendere maggiormente sentimenti, desideri e bisogni si
può osservare con grande regolarità nei pazienti narcisisti.
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Creatività
Sostanzialmente Kohut
intende per creatività lo sbocco che si apre agli investimenti narcisistici che
vengono trasformati nel corso di un trattamento psicoanalitico.- investimenti narcisistici che prima del
trattamento psicoanalitico erano
congelati nell’area del Sé grandioso e dell’imago parentale idealizzata.
A riguardo, il primo
quesito che Kohut si pone è quale sia il parametro che ci porta ad individuare
quali siano le attività creative, se solo quelle artistiche o anche quelle
scientifiche.
Una prima netta
distinzione è quella di considerare la Scienza
come la scoperta di Formazioni già
preesistenti e l’Arte come
introduzione nel mondo di nuove configurazioni.
Ma questa
differenziazione non è poi così netta perché:
1)
Le
scoperte scientifiche non descrivono solamente fenomeni esistenti in quanto la
successiva operazione dello scienziato è quella di incanalare in una certa
direzione specifica lo sviluppo scientifico;
2)
Altresì
per il genio artistico che potrà determinare non solo un nuovo stile ma anche
la direzione in cui si svilupperà.
Ma dobbiamo tenere
presente anche:
1)
Che
la scienza si sarebbe potuta svolgere in una direzione diversa, da quella in
cui di fatto si è sviluppata - la nostra comune concezione scientifica è quella
di credere che la scienza può svilupparsi solo nel modo che di fatto
constatiamo ed in merito, gli scritti del fisico Alexander Koyrè ci dimostrano
i procedimenti artistici eseguiti nel campo della fisica;
2)
Allo
stesso modo non dobbiamo trascurare il fatto che alcune opere artistiche sono
il riflesso di qualcosa che è preesistente.
Ma se paragoniamo le
opere Artistiche e quelle Scientifiche all’interno di uno schema
oggettivo riserveremo l’attributo di
creatività solo a quelle artistiche; e solo in senso metaforico a quelle
scientifiche.
Ma se proviamo a passare
da un discorso generale ad uno più particolare che ci porta ad un confronto tra le due personalità prese in esame valuteremo che:
1)
La
personalità dell’artista (rispetto
allo scienziato) in linea generale, possiede investimenti narcisistici che tendono ad essere meno neutralizzati e la sua libido esibizionistica si sposta tra
sé e il suo prodotto investito
narcisisticamente con una fluidità maggiore che nello scienziato. Sempre in
linea generale, possiamo dire che un controllo rigido dell’esibizionismo di un
artista potrebbe interferire con la sua performance. D’altra parte invece l’emergere di istanze grandiose
ed esibizionistiche di un Sé grandioso
ed arcaico sarebbe un forte ostacolo ad
una corretta produzione scientifica.
A questo riguardo fa
riferimento l’esempio del rapporto epistolare tra Freud e Fliess, in cui
traspare l’esibizionismo giovanile di Freud e al contempo il controllo su ogni
sua spinta verso il compiacimento, attraverso il rifiuto a partecipare a feste
date in suo onore, o alla sua presa di distanza dal carattere magico ed ipocrita dei messaggi di
congratulazioni che gli giungevano.
L’esempio di Freud serve da
traccia per osservare la curva di sviluppo
di un grande scienziato: essa
sembrerebbe rivolta poco alla
stimolazione della propria persona,
limitandosi all’investimento libidico
neutralizzato ed inibito alla meta.
La differenza tra l’artista e lo scienziato diventa ancora
più evidente
quando osserviamo che un’opera artistica ultimata è intoccabile perché legata
strettamente alla personalità dell’autore; mentre se uno scienziato ha
formulato la sua teoria che
successivamente viene integrata o revisionata in parte da un altro scienziato
non vi sarebbero i margini d’infrazione proprio perché l’opera scientifica
porta in se un carattere di indipendenza dal suo ideatore.
Ma al di la di queste
considerazioni che hanno un carattere della generalità, è vero anche che ci
sono scoperte scientifiche che vengono fuori con il segno di una vera e propria
opera d’arte e altresì nel campo dell’arte ci sono capolavori compiuti da
anonimi che contraddicono l’affermazione in cui l’operatore è inestricabilmente
legato al suo creatore.
A paragone con lo
scienziato l’artista investe la sua opera con la libido narcisistica meno
neutralizzata e resta identificato con il suo prodotto.
Le attività artistiche e
scientifiche che vengono fuori durante il processo analitico di disordini narcisistici sono comunque fenomeni
analoghi e ricoprono un ruolo analogo nel processo psicoanalitico.
L’ondata di attività creative non di rado sopravviene come
misura di emergenza perché
l’Io deve fronteggiare la libido narcisistica precedentemente rimossa e quindi
ha breve durata (vedi Kohut - il caso della signorina F.).
Quando il processo di
elaborazione psicoanalitica prosegue in modo corretto si creano nuove
configurazioni stabili come l’autostima e la formazione di un ideale.
Man mano che gli
investimenti narcisistici vengono rimossi terapeuticamente, essi vanno ad
incrementare l’interesse sublimatorio al punto che un hobby insignificante può
diventare una vera e propria attività soddisfacente e l’approvazione pubblica
diventerà un sostegno all’autostima del paziente.
Portiamo l’esempio del
signor E. che nella prima fase dell’esperienza psicoanalitica non riusciva a
svolgere le attività artistiche, ma successivamente inizia ad avere attività
sublimatorie nell’intervallo del fine settimana in cui rimaneva separato dalle
sedute psicoanalitiche. Nato prematuro, viene messo in incubatrice;
successivamente portato a casa non viene toccato dai genitori. Sua madre, dopo
una malattia, muore quando il paziente aveva sedici anni.
Nella tarda infanzia il
paziente si esibiva nelle sue prodezze sull’altalena, ma la madre non rispose
empaticamente e con il dovuto sostegno; fu da allora che il bambino iniziò
pericolose attività voyeristiche nel bagno di una fiera pubblica come risposta
ai suoi desideri esibizionistici.
Con questa perversione,
egli esprimeva bisogni arcaici nell’ambito di istanze esibizionistiche
frustrate e le attività artistiche gli fornirono una certa visibilità, utile al
suo bisogno di contatto alla luce della sua storia nella primissima infanzia.
Il lavoro sublimatorio
che trovò un forte slancio negli ultimi anni del suo trattamento analitico non
fu soltanto un modo di risolvere i suoi bisogni di contatto e fusione ma
divenne una grande fonte di riconoscimento sociale ed economico.
Lo stretto collegamento
tra bisogni di contatto frustrati e il desiderio di fusione - che si trasformò
successivamente in una modalità di grande sensibilità verso il mondo intero - è
un fenomeno che possiamo osservare in molti poeti: John Keats aveva la tendenza
ad identificarsi con oggetti inanimati (palle da biliardo). A ciò era associata
una profonda e sensibile capacità di comprensione delle cose che si manteneva
attiva solo se gli arrivava il calore degli amici.
Il poeta con il suo
identificarsi con la palla da biliardo testimoniava la natura narcisistica del
suo rapporto creativo con l’ambiente.
Un certo potenziale
creativo rientra nella vita di molte persone in cui, problematiche
intellettuali ed artistiche irrisolte sono causa di uno squilibrio narcisistico
che trovano a loro volta sollievo anche attraverso semplici attività come le
parole crociate o lo spostamento di un mobile in una stanza.
Alcune personalità
creative durante momenti d’intensa produzione artistica hanno un forte
bisogno di una relazione empatica.
Tale bisogno è
particolarmente intenso tanto più le scoperte conducono in ambiti nuovi ed
inesplorati.
Questo sembrerebbe
attribuibile al fatto che l’atto creativo porta con se l’isolamento.
Questo se da una parte è
esaltante dall’altra costituisce anche un’esperienza terrifica in quanto
verrebbe a rappresentare il trauma infantile di essere abbandonato.
In una simile situazione
può capitare che anche il genio elegga una persona del suo ambiente ad oggetto
onnipotente con cui fondersi.
Questo lascia
intravedere un Sé creativo in espansione che ha bisogno di trarre forza da un
oggetto idealizzato.
Fliess fu per Freud
l’oggetto di traslazione narcisistica durante la sua produzione letteraria più
importante ed egli rinunciò al senso illusorio della grandezza di Fliess,
quando terminò il suo compito creativo.
Alla Creatività degli
analisti Kohut dedica un’attenzione speciale.
Egli afferma che al
termine di un’analisi didattica, la trasformazione delle posizioni
narcisistiche può apportare non solo una maggiore capacità empatica ma anche
un’accresciuta attività ricca di spunti di autentica creatività.
Questa creatività sembra
scaturire dal bisogno incessante di indagare su certe aree psicologiche non
elaborate nell’analisi personale; nasce quindi il bisogno di superare l’empasse
attraverso una nuova analisi.
Ma se il lavoro
analitico è incompleto a causa della scienza psicoanalitica che non è
progredita, questo stesso fattore diventa lo stimolo che conduce ad altre
ricerche. Tuttavia ciò avviene se l’incompletezza dell’analisi didattica è
riconosciuta dal ricercatore.
“Proprio come in altre
attività scientifiche, la creatività degli analisti è risvegliata da molti
stimoli e alimentata da altre fonti, tra cui i conflitti patogeni del
ricercatore.” (…) “Io credo che la vera creatività psicoanalitica possa essere
motivata dal bisogno imperioso di indagare su certe aeree psicologiche che non
sono state completamente chiarite nell’analisi personale” (Kohut, 1971, p.
306).
Per alcuni analisti potenzialmente creativi, gli aspetti irrisolti di una traslazione narcisistica può, durante o al termine, essere spostata su Freud come imago paterna; a riguardo la paura della perdita di fusione narcisistica
con l’immagine del padre può innescare sentimenti controfobici di ribellione
che in ultima analisi determineranno un forte senso critico della sua opera.
Conseguenza sterile può essere un’incessante polemica
teorica che non è sostituita da un contributo positivo finalizzato
all’ampliamento della nostra conoscenza psicologica dell’uomo.
Quando invece
l’analizzando sta evolvendo verso lo scioglimento del proprio legame
narcisistico traslativo con l’analista si possono manifestare attività creative
libere da qualsiasi funzione difensiva da parte dell’Io.
Esse costituiscono di
frequente vere e proprie riattivazioni di tentativi creativi che risalgono alla
latenza e alla adolescenza.
Kohut cita l’esempio del
signor P., un giovane uomo che in
prossimità della fine della sua analisi inizia a scrivere racconti brevi e
molto interessanti: essi erano imperniati su tematiche di un adolescente pieno
di senso di solitudine, senso di estraniamento dal mondo e con attività
sessuali alquanto grossolane; è alla ricerca di un amico da cui essere protetto
rispetto a tutto ciò.
Tralasciando il
significato specifico di fronteggiare nella sua analisi il pericolo della
perdita superegoica, quello che è più interessante è il rapporto tra questi
racconti e l’elaborazione di problemi simili che si manifestarono in un “sogno
bagnato” fatto più di vent’anni prima e che accompagnò la prima polluzione
notturna:
“nel sogno il paziente contemplava un paesaggio di grande
bellezza e pace…prati ondulanti e ruscelli serpeggianti in cui l’acqua scorreva
gaia riflettendo il blu di un cielo senza nuvole. Piccoli gruppi di alberi
circondavano le abitazioni di uno stile rustico ed anche se non c’era nessuno
vi erano numerose tracce di vita: mucche che pascolavano e pecore bianche che
spiccavano nel verde dei prati. Improvvisamente la pace veniva turbata da un rombo
lontano. Il paziente alzava lo sguardo e scopriva che il paesaggio da lui
contemplato era una vallata ai piedi di un’alta diga. Il rombo minaccioso
sembrava provenire da lì e improvvisamente il paziente notava delle fessure
profonde nella diga. Tutti i colori del paesaggio mutavano in maniera
percettibile ma significativa. Il blu del cielo e dell’acqua diventava
nerastro. Il verde dell’erba cambiava in un verde acceso e innaturale e gli
alberi sembravano più scuri. Le fenditure nella diga si allargavano e poi tutto
ad un tratto un vortice di acqua brutta, brutta e distruttiva ne usciva fuori,
inondando la campagna con tutta la sua bellezza , spazzando via gli alberi, le case e gli animali.
L’ultima impressione indimenticabile che il paziente ebbe prima di svegliarsi
inorridito fu la vista del bianco delle pecore che si mutava nel bianco dei
cavalloni vorticosi che avviluppavano tutto”.
Tralasciando il
significato complesso presente in tutto il sogno possiamo dire che esso
esprimeva l’esperienza del disturbo narcisistico racchiuso nella sua
beatitudine (il paesaggio è il simbolo del corpo del paziente); disturbo
causato dall’irrompere di elementi sadici sessuali che sfociavano nella
polluzione.
Come si diceva prima, le
trasformazioni delle tensioni narcisistiche liberarono l’Io artistico che poté
iniziare ad investire oggetti-Se di natura più elevata con la produzione di
racconti brevi .
Considerando che possono
esserci delle eccezioni, possiamo considerare
che molte creazioni artistiche che emergono nella fase finale dell’analisi,
sono il risultato delle trasformazioni
di vecchie istanze narcisistiche patogene.
Umorismo e Saggezza.
Kohut ritiene che il
senso umoristico autentico sia un altro risultato delle trasformazioni delle
istanze narcisistiche arcaiche e patogene che avviene nel corso del trattamento
psicoanalitico.
Ma ancor di più
l’umorismo accompagna e completa il rafforzamento dei valori ed ideali.
Bisogna valutare se
l’attaccamento ai valori ed ideali è spontaneo e autentico cioè lontano da una
sorta di fanatismo e quindi accompagnato da un senso delle proporzioni e
soprattutto che le istanze narcisistiche sono neutralizzate ed inibite alla
meta. In altre parole sarebbe da
accertare clinicamente, il ridimensionamento delle fantasie grandiose e l’abbandono
di modalità perfezioniste che fanno emergere un misto equilibrato di ideali e
senso dell’umorismo.
L’Io del paziente
diventa capace di vedere adesso in proporzioni realistiche le ispirazioni del
Sé grandioso infantile e soprattutto di sorridere e divertirsi su quelle
configurazioni con ritrovato senso di libertà.
Il commento della sig.na
F ne è una prova: “Credo che il crimine
che lei ha commesso e per cui non può esservi perdono, è che lei non è me”.
La
conquista della saggezza è una delle vette dello sviluppo umano non tanto e
non solo per quanto attiene la trasformazione dei disturbi narcisistici ma in
generale in qualsiasi crescita e trasformazione umana.
La saggezza acquisita
durante il trattamento psicoanalitico consiste nel passaggio da una semplice
informazione dei dati ad una maggiore e più profonda consapevolezza del
funzionamento della propria mente.
L’inizio di questo
percorso che porta alla saggezza è contrassegnato, per il paziente, da una
buona conoscenza di se stesso ma anche dell’analista; ma soprattutto
dall’accettazione da parte del paziente di quel carattere passeggero che
connota l’esistenza individuale.
Questo è il prerequisito che favorisce nel paziente il
rafforzamento dell’autostima stante
la consapevolezza dei propri limiti, conflitti inibizioni e tendenze alla
grandiosità che possono permanere ma avvolte da una buona dose di
consapevolezza.
Bibliografia
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Psychologie, in Gesammelte Schriften,
vol. 5 (Teubern, Lipsia).
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Hartmann, 1927 Understanding and
Explanation in Hartmann (1964) Essays on Ego psychology, Int. Univ. Press, New York.
Kohut, H., (1959-1981), Introspezione
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Kohut, H., (1971), Narcisismo e
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Kohut, H., (1977), La guarigione
del Sé. Bollati Boringhieri, Torino, 1980.
Jaspers, K., (1913), Psicopatologia gnereale. Pensiero Scientifico, Roma, 1963.
Jaspers, K., (1913), Psicopatologia gnereale. Pensiero Scientifico, Roma, 1963.
[1] Imago inconscia del padre. Nella nevrosi, a differenza dei
disturbi più gravi (narcisistici) ciò avviene in quanto il paziente ha già
formato la struttura Superegoica sulla base delle relazioni reali vissute con i
genitori.
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