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Wilfred Bion |
Wilfred Bion
psicoanalista inglese, nato in India, si trasferì in Inghilterra, dove si
laureò in storia e in medicina. Fu paziente e allievo di Melanie Klein e uno
dei maggiori studiosi della sua teoria (Andreassi, 2010).
Nel 1933
approfondì, al Tavistock Institute, i meccanismi di insorgenza delle psicosi.
L’interesse per la schizofrenia lo indusse a studiare la nascita e lo sviluppo
dei processi di pensiero.
Secondo Bion
(1962) il pensare è una funzione della personalità. La funzione,
nell’accezione bioniana, riguarda tutto ciò che concerne la mente, dunque non
solo cognizione, ma, in senso cartesiano, tutti gli strumenti dell’elaborazione
psicoanalitica, dunque anche sensazioni ed affetti (Bion, 1962).
Bion (1963)
spiega che gli elementi α (emotional experience) riguardano i pensieri
onirici e i miti, le preconcezioni, le concezioni, i concetti, il sistema
scientifico deduttivo, il calcolo algebrico. Gli elementi β (sense
impressions) sono invece le afferenze sensoriali ed emotive elementari
(ovvero non elaborate). Entrambi gli elementi compongono il pensiero. Mediante
la funzione α è possibile metabolizzare sensazioni ed emozioni elementari,
secondo Bion, come avviene durante la digestione.
In questo modo l’autore prefigura uno scenario di “preconcezioni” e “concezioni”. Le prime sono forme di “pensiero consistente in un’aspettativa, una sorta di schema che prefigura l’oggetto soddisfacitorio” (Lis, Stella, Zavattini, 1999, p. 280); mentre le seconde riguardano gli oggetti che, essendo pensati, vengono riempiti di impressioni sensoriali tali da saturare le preconcezioni.
In questo modo l’autore prefigura uno scenario di “preconcezioni” e “concezioni”. Le prime sono forme di “pensiero consistente in un’aspettativa, una sorta di schema che prefigura l’oggetto soddisfacitorio” (Lis, Stella, Zavattini, 1999, p. 280); mentre le seconde riguardano gli oggetti che, essendo pensati, vengono riempiti di impressioni sensoriali tali da saturare le preconcezioni.
Bion ritiene
che lo sviluppo del pensiero è riconducibile al momento in cui il bambino
sperimenta l’assenza dell’oggetto. Per Bion, a differenza di Freud, il bambino
che è in possesso di una certa tolleranza alla frustrazione riesce a
rappresentarsi l’oggetto come assente e gratificante.
Se invece il
bambino non è in grado di tollerare la frustrazione, rappresenterà l’oggetto
come irreale, cattivo, no-thing (Bion, 1962). L’oggetto così configurato
deriva dall’accumulo di elementi beta, che devono essere eliminati. Dice Bion:
“I pensieri, ovverosia quei primitivi elementi che sono i protopensieri, sono
oggetti cattivi, di cui si ha bisogno e di cui, dato che sono cattivi, bisogna
liberarsi. E’ possibile liberarsi di essi o evitandoli o modificandoli, e se la
personalità è dominata dall’impulso ad evadere la frustrazione tale problema è
risolto per mezzo dell’evacuazione; invece se si tratta di una personalità
dominata dall’impulso a modificare la frustrazione, il problema viene risolto
col pensare gli oggetti” (Bion, 1962, p. 146).
Bion dunque, in
maniera discordante rispetto a ciò che affermava la Klein, non ritiene che
l’assenza di un oggetto gratificante venga immediatamente trasformata in una
sensazione, da parte del bambino, dell’oggetto vissuto come cattivo e
persecutorio.
L’autore
approfondisce la sua teoria sulla funzione alfa, affermando che la madre
partecipa allo sviluppo della capacità del bambino di dare una risposta emotiva
corretta. Ella funge da contenitore: elaborando gli elementi beta del
bambino, proietta in lui le strutture mentali adatte ad elaborare la sensazione
di frustrazione, paura e angoscia. Il bambino in questo modo introietta la funzione
di contenitore della madre (la funzione alfa); dunque fornisce l’introiezione
dell’oggetto buono (Bion, 1962).
La funzione
della madre in grado di metabolizzare gli elementi beta è chiamata da Bion rêverie
materna: essa consente al bambino di digerire il vissuto non pensato,
ovvero tutto ciò che concerne le sensazioni presimboliche e viscerali.
Bion fa anche
riferimento al mito; che partecipa al processo di sviluppo del pensiero del
bambino: il mito concerne una conoscenza primordiale “che può essere compreso
indipendentemente dal suo rapporto con gli altri elementi” (Bion, 1962, p. 61).
In tal senso l’Edipo, secondo Bion, è “l’apparato mediante il quale l’Io prende
contatto con la realtà” (ibidem, p. 115).
Il genere di
interazione precedentemente descritta definisce il modello di Bion contenitore-contenuto;
questa, insieme all’oscillazione descritta dalla Klein (1932) tra PS↔D –
posizione schizoparanoide e depressiva – determina il modello di sviluppo
psicologico bioniano.