giovedì 22 dicembre 2022

Studio sul disgusto come regolatore dello stato del Sé, valori, principi e istinto di allontanamento

Freud (1899) osservò che in alcuni casi di nevrosi che non erano strutturalmente ossessivi, emergeva un nucleo isterico (cioè di esternalizzazione, o manifestazione sintomatica attraverso il corpo). Alcuni soggetti per esempio si mostravano disgustati dai bisogni fisici, e dalla sessualità in particolare: "che schifo dottore"; "mi fa vomitare". Freud riconobbe questo tipo di comportamento nel caso di Dora. In Dora il disgusto prendeva il posto del desiderio e Freud si interroga sulle motivazioni profonde e inconsce di questo atteggiamento. Il disgusto, concluse, appare allora come segno dell'avversione ad accogliere un desiderio, di cui il soggetto isterico diventa testimone. Il corpo diviene il mezzo e il veicolo attraverso il quale viene elaborato un trauma di origine sessuale; così afferma agli albori della prima topica. Ne "Il disagio della civiltà", Freud (1929) elevò il disgusto a forma di dignità nella condizione umana, una forma di resistenza che impedirebbe l'accesso alla soddsfazione: "A volte sembra di percepire che non è solo la pressione della civiltà, ma qualcosa nella natura stessa della sua funzione a negarci la piena soddisfazione e a spingerci verso altre strade". E spiega ulteriormente le ragioni di questa resistenza in una nota: "la funzione sessuale è accompagnata da una resistenza che non può essere ulteriormente spiegata, e che impedisce la completa soddisfazione costringendo ad allontanarci dalla meta, per dirigerci verso sublimazioni e spostamenti libidici". L'emozione del disgusto è stata descritta da Darwin Ekman (1972) tra le emozioni fondamentali, insieme a rabbia, tristezza, felicità, paura e sorpresa. Il disgusto emerge nei momenti in cui siamo immersi in un contesto intersoggettivo nel quale c'è una grossa frattura, ovverosia una discrepanza pressocchè incolmabile tra valori, opinioni, modalità comportamentali e di pensiero, tali che valicano i limiti di ciò che riteniamo accettabile, consono, sintonico e degno. Nel termometro omeostatico dell'equilibrio narcisistico (inteso in senso ancora non clinico, come stima di sè in noce) il disgusto svolge una funzione importante, segnalandoci una necessità imperativa di allontanamento, il fatto che siamo immersi in un sistema diverso (Altro) da noi, sbagliato, potenzialmente danneggiante e pericoloso, nel caso in cui un danno non è già, di fatti, ricevuto. Nel linguaggio non verbale la reazione immediata all'emozione del disgusto è quella ad esempio, di alzare le mani in segno di difesa, come a protezione del Sè. Procedendo in senso inverso al contrario del disgusto troviamo infatti proprio il desiderio, la stima, l'apprezzamento, la sintonizzazione, il bisogno di vicinanza e connessione, il legame e il dialogo. Tutti elementi che promuovono la possibilità della crescita dell'interazione in questione. Leggendo la dinamica del disgusto in termini di regolazione affettiva possiamo far risalire il disgusto a tutte quelle interazioni legate all'ambito dell'ansia e dell'intrusività, le reazione automatiche di allontanamento e difesa, che cercano di comunicare all'altro nella relazione l'inappropriatezza della comunicazione proposta. In senso verbale, come in senso non verbale tale interazione può altrettanto essere disturbante, causando quindi tipi di reazioni analoghe: la necessità di una cesura, una chiusura, un blocco, un allontanamento. Che indicatori sono questi in senso clinico? Tutte le volte che abbiamo a che fare con queste emozioni ci troviamo in un territorio nel quale la mente ci segnala la necessità di difesa, il bisogno di riparazione e il rischio pervasivo di un trauma importante perlomeno (nella migliore ipotesi) in senso relazionale, paura, pericolo incombente. Bibliografia Ekman, P. (1972). Le differenze universali e culturali nelle espressioni delle emozioni Freud, S.,(1899) L'Interpretazione dei sogni Freud, S., (1929) Il disagio della civiltà

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