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venerdì 8 novembre 2013

DOC - Il Disturbo Ossessivo Compulsivo nella poesia di Neil Hilborn (Rustbelt 2013)




La prima volta che l'ho vista...
Tutto nella mia testa si è calmato.
Tutti i tic, tutte le immagini in continua successione sono semplicemente scomparse.
Quando soffri di disturbo ossessivo compulsivo, non puoi avere veramente momenti di tranquillità.
Anche nel letto, penso:
Ho chiuso la porta? Si.
Mi sono lavato le mani? Si.  
Ho chiuso la porta? Sì.
Mi sono lavato le mani? Sì.
Ma quando l'ho vista, l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era la curva delle sue labbra..
O un ciglio sulla sua guancia -
un ciglio sulla sua guancia -
un ciglio sulla sua guancia.

Sapevo che dovevo parlare con lei.
Le ho chiesto di uscire sei volte in trenta secondi.
Ha detto di sì dopo la terza, ma nessuna di loro mi sembrava giusta, così ho dovuto continuare.
Al nostro primo appuntamento, ho passato più tempo a organizzare il mio pasto per colore che a mangiare, o a parlare con lei...
Ma lei lo amava.
Amava il fatto che le davo il bacio della buonanotte sedici volte o ventiquattro volte se era Mercoledì.
Le piaceva che mi ci voleva una vita per arrivare a casa a piedi, perché ci sono un sacco di crepe sul nostro marciapiede.

Quando ci siamo trasferiti per vivere insieme, ha detto che si sentiva al sicuro, perché nessuno avrebbe mai potuto derubarci dal momento che avevo  ​​
chiuso la porta sicuramente almeno diciotto volte.
Avrei guardato la sua bocca mentre parlava
per sempre -
quando parlava
quando parlava
quando parlava
quando parlava 
quando mi ha detto che mi amava, la sua bocca si è curvata ai bordi.   
Di notte, si stendeva a letto e mi guardava spegnere tutte le luci accese, e spente, e accese, e spente, e accese, e spente, e accese, e spente, e accese, e spente, e accese, e spente, e accese, e spente, e accese, e spente, e accese, e spente, e accese, e spente, e accese, e spente.

Ha chiuso gli occhi e ha immaginato che i giorni e le notti stessero passando di fronte a lei.
La mattina, volevo iniziare a baciarla per il buongiorno ma lei se n’è andata perché le stavo solo facendo fare ritardo al lavoro...
Quando mi sono fermato davanti a una crepa del marciapiede, lei ha continuato a camminare...
Quando ha detto che mi amava, la sua bocca era una linea retta.

Mi ha detto che stavo prendendo troppo del suo tempo.
La settimana scorsa ha iniziato a dormire a casa di sua madre.

Mi ha detto che non avrebbe dovuto lasciare che mi attaccassi così tanto a lei, che tutta questa storia è stata un errore, ma...
Come può essere un errore che io non devo lavarmi le mani dopo averla toccata?
L'amore non è un errore, e mi sta uccidendo che lei possa scappare via da questo e io semplicemente non posso.
Non posso - Non posso uscire e trovare qualcuno di nuovo, perché penso sempre a lei.
Di solito, quando mi ossessiono sulle cose, vedo germi brulicare sulla mia pelle.
Mi vedo schiacciato da una successione infinita di auto...
E lei è stata la cosa più bella che abbia mai avuto su cui rimanere fissato.

Voglio svegliarmi ogni mattina pensando al modo in cui si tiene al volante..
Come gira le manopole della doccia come se stesse aprendo una cassetta di sicurezza.
Come soffia le candeline -
soffia le candeline -
soffia le candeline -
soffia le candeline -
soffia le candeline -
soffia le...

Adesso, penso solo a chi altro la sta baciando.
Non riesco a respirare, perché lui la bacia solo una volta - non gli importa se è perfetto!

La rivoglio indietro così tanto..
Lascio la porta aperta.
Lascio la luce accesa.

Neil Hilborn è College National Poetry Slam champion, e laureato nel 2011 con lode al Macalester College in Creative Writing.
The first time I saw her...
Everything in my head went quiet.
All the tics, all the constantly refreshing images just disappeared.

When you have Obsessive Compulsive Disorder, you don’t really get quiet moments.
Even in bed, I’m thinking:
Did I lock the doors? Yes.
Did I wash my hands? Yes.
Did I lock the doors? Yes.
Did I wash my hands? Yes.

But when I saw her, the only thing I could think about was the hairpin curve of her lips..
Or the eyelash on her cheek—
the eyelash on her cheek—
the eyelash on her cheek.

I knew I had to talk to her.
I asked her out six times in thirty seconds.
She said yes after the third one, but none of them felt right, so I had to keep going.
On our first date, I spent more time organizing my meal by color than I did eating it, or fucking talking to her...
But she loved it.
She loved that I had to kiss her goodbye sixteen times or twenty-four times if it was Wednesday.
She loved that it took me forever to walk home because there are lots of cracks on our sidewalk.
When we moved in together, she said she felt safe, like no one would ever rob us because I definitely locked the door eighteen times.
I’d always watch her mouth when she talked—
when she talked—
when she talked—
when she talked
when she talked;

when she said she loved me, her mouth would curl up at the edges.
At night, she’d lay in bed and watch me turn all the lights off.. And on, and off, and on, and off, and on, and off, and on, and off, and on, and off, and on, and off, and on, and off, and on, and off, and on, and off, and on, and off, and on, and off.
She’d close her eyes and imagine that the days and nights were passing in front of her.
Some mornings I’d start kissing her goodbye but she’d just leave cause I was
just making her late for work...

When I stopped in front of a crack in the sidewalk, she just kept walking...
When she said she loved me her mouth was a straight line.

She told me that I was taking up too much of her time.
Last week she started sleeping at her mother’s place.
She told me that she shouldn’t have let me get so attached to her; that this whole thing was a mistake, but...
How can it be a mistake that I don’t have to wash my hands after I touched her?
Love is not a mistake, and it’s killing me that she can run away from this and I just can’t.
I can’t – I can’t go out and find someone new because I always think of her.
Usually, when I obsess over things, I see germs sneaking into my skin.
I see myself crushed by an endless succession of cars...
And she was the first beautiful thing I ever got stuck on.

I want to wake up every morning thinking about the way she holds her steering wheel..
How she turns shower knobs like she's opening a safe.
How she blows out candles—
blows out candles—
blows out candles—
blows out candles—
blows out candles—
blows out…

Now, I just think about who else is kissing her.
I can’t breathe because he only kisses her once — he doesn’t care if it’s perfect!
I want her back so bad...
I leave the door unlocked.
I leave the lights on.


http://poetry.rapgenius.com/Neil-hilborn-ocd-lyrics
http://neilhilborn.tumblr.com/ 
https://www.facebook.com/neilhilborn
https://twitter.com/Neilicorn

martedì 11 giugno 2013

Omaggio a una pioniera dimenticata della psicoanalisi: Sabina Spielrein

Una scena tratta dal film "Prendimi l'anima"(2003) di Roberto Faenza, ispirato alla vita e alle vicende di Sabina Spielrein, interpretato da Emilia Fox e Ian Glen

Sabina Nikolaevna Špil'rejn-Šeftel'
(Сабина Нафтуловна Шпильрейн; 7 novembre 1885 - 12 o 14 agosto, 1942) è stato un medico russo e una delle prime psicoanaliste donna. 
Fu prima paziente, poi studentessa quindi collega di Carl Gustav Jung. Appignanesi e Forrester (1992) scrivono di lei che “inaugurò, come paziente, la sua carriera di analista” (p. 117). Ebbe un rapporto epistolare e professionale con Sigmund Freud. Uno dei suoi più famosi analizzandi fu lo psicologo dell'età evolutiva svizzero Jean Piaget. 
Nonostante il suo lavoro sia di gran lunga antecedente a quello di Melanie Klein – ricordiamo che la tesi di laurea in medicina Il contenuto psicologico di una caso di schizofrenia (dementia praecox) fu discussa nel 1911 e pubblicata lo stesso anno nello Jahrbuch für Psychoanalitische und Psychopathologische Forschungen, dieci anni prima del kleiniano Lo sviluppo di un bambino (1923) – il suo lavoro è stato poco riconosciuto. Carotenuto (1986) sottolinea questo aspetto in particolare in relazione al lavoro La distruzione come causa della nascitascritto nel 1912. Sappiamo infatti che grazie ad esso Freud arriverà ad una diversificazione circa la teoria della pulsione nel 1920, in Al di là del principio di piacere (Robert, 1964; Carotenuto, 1986). Freud citerà la Spielrein nei seguenti termini: “Buona parte di questi concetti è stata anticipata da Sabina Spielrein (1912) in un suo erudito e interessante lavoro, ma che, disgraziatamente, mi appare poco chiaro. Ella definisce l'elemento sadico della pulsione sessuale come ‘distruttivo’ ”. 
Scrive Spielrein (1912): “Quando ho scritto questo saggio, non era ancora stato pubblicato il libro del Dr. Stekel Il linguaggio dei sogni. Nel libro l’autore dimostra sulla base di numerosi sogni, che insieme al desiderio di vita noi abbiamo il desiderio di morire. Quest’ultimo desiderio egli lo considera come l’opposto del desiderio di vita che è implicito nell’essenza dell’istinto sessuale [...] Ritengo che i miei esempi dimostrino abbastanza chiaramente, come provano alcuni fatti biologici, che l’istinto riproduttivo è costituito anche dal punto di vista psicologico da due componenti antagonistiche ed è perciò altrettanto un istinto di nascita quanto di distruzione” (p. 114). 
La Spielrein fondò intorno al 1923, con Vera Schmidt, l’Asilo Bianco. Tra i lavori della Spielrein in campo infantile ricordiamo L'origine delle parole infantili papà e mamma (1922) e l’utilizzo della tecnica del disegno ad occhi aperti e chiusi (1928). 
Circa il tema del sogno, l’unico volume disponibile in Italia in relazione al lavoro della Spielrein, è ricco di intuizioni teoriche. La Spielrein (1912) nei suoi primi scritti si attiene alle conoscenze già approfondite da Stekel, Freud e Jung sul simbolismo: 

“Una donna mi raccontava che mentre un dente le veniva estratto sotto narcosi aveva sognato il distacco del parto. Non ci meraviglia che nei sogni l’estrazione dei denti si presti così bene a simbolizzare il distacco del parto. Ora abbiamo: distacco del parto = estrazione dei denti = castrazione, cioè la procreazione viene intesa come una castrazione” (p. 111). 

L’autrice tuttavia, in maniera coraggiosa rispetto a quanto riterrà utile in seguito Melanie Klein, non avrà particolari remore nell’esprimere le sue idee in netto contrasto con Freud. 
In Il contenuto psicologico di un caso di schizofrenia, il contributo della Spielrein (1911) diventa quindi particolarmente originale: 

“Il materiale da me raccolto offrirà numerose prove per gli studiosi che analizzano l’analogia tra sogno, psicosi e mito. L’esistenza di un tale rapporto mi pare possibile solo ipotizzando che un modo di pensare arcaico agisca ancora nel presente” (pp. 73-74). 

Secondo l’autrice, il linguaggio schizofrenico non è illogico, bensì può essere compreso se letto attraverso i codici di un linguaggio più arcaico, rispetto a quello di cui si fa uso corrente: tale linguaggio è direttamente legato a quello del sogno. 
La Spielrein offre quindi un approfondimento di questo punto di vista nello scritto Il tempo nella vita psichica subliminale (1922) in cui collega i pensieri preconsci a quelli coscienti ma presenti nel sogno: 

Ancor più nettamente spaziale è un altro sogno del signore pocanzi menzionato, che vede una situazione per lui penosa come un paesaggio che diventa sempre più piccolo, perdendosi in lontananza. Egli vuole dire cioè, come nel suo precedente sogno: “ciò appartiene al passato remoto”, cioè come nel suo precedente sogno: “ciò apparterrà fra poco al passato remoto”. E’ ancora una volta un divenire, che è tanto presente continuo quanto futuro. Ed ecco un altro esempio interessante di come si raffigura la valutazione della durata temporale nel pensiero preconscio [...] “Io sogno” mi scrive, “che mi trovo in una grande piazza bianca, asfaltata. Da qui si dipartono strade in varie direzioni: quella a est porta verso il mare. Io vado a ovest e dico fra me e me che devo svegliarmi fra due ore. La strada verso ovest è in leggera salita e viene tagliata due volte ad angolo retto da strade dritte. Io penso: ecco la prima ora, ecco la seconda”. [...] Si tratta veramente di un sogno? – un sogno è qualcosa di più. Possiamo osservare direttamente come un proposito cosciente, quello di svegliarsi dopo due ore, continui a vivere e ad essere elaborato, travestito col linguaggio figurato del preconscio: i due tratti di tempo (le due ore) diventano due tratti di strada; questa immagine viene poi adoperata come materiale onirico.
(Spielrein, 1922, p. 118). 

In questo scritto la Spielrein (1922) sembra precorrere il pensiero di Bion (1967); quindi spiega che il contenuto del sogno riguarda la rappresentazione della situazione presente del sognatore, talvolta modificata per questioni di comodità di utilizzo del materiale onirico (il sognatore deve ricordare di svegliarsi).
Spielrein (1922) pone quindi il problema dell’essenza del sogno. Ricordiamo che per Freud si parla di sogno solo quando c’è la formazione di un desiderio. Ma l’autrice nota che ad esempio, negli stati di grave affaticamento è difficile sognare, e che non sempre il sogno riguarda l’appagamento di un desiderio. Definisce sogni incompleti quei sogni che, fatti in uno stato di angoscia, depressione grave o stato di affaticamento, sembrano più simili ad una rappresentazione della situazione presente del sognatore che ad appagamenti di un desiderio. Quindi rileva la somiglianza tra il linguaggio onirico e quello di alcune lingue che “non conoscono il tempo come direzione, ma solo come durata” (p. 120). Il russo, ad esempio secondo l’autrice, ha molte analogie con il linguaggio del sogno: “il linguaggio verbale in questi casi crea le proprie rappresentazioni, così come nel sogno, attingendo a materiale preconscio” (p. 122).
Riepilogando Spielrein (1922) fornisce le seguenti informazioni sul sogno: il sogno non si può raffigurare come direzione; nel sogno la direzione è trasformata in durata; il passato nel sogno non è un vero passato ma un “non-esserci” ovvero un “non-esserci-più”; il sogno, come il pensiero del bambino, non distingue la direzione temporale ma soltanto la direzione finale o futura.
Il contributo della Spielrein appare subito innovativo rispetto ai temi presentati durante la stessa epoca dai suoi colleghi maschi. Spielrein non parla più soltanto di desiderio (Freud) o di simbolo (Jung), ma fa riferimento allo stato mentale del sognatore in relazione al sogno (stati depressivi, stati psicotici), e alle capacità del sogno di pensare contenuti coscienti (elementi coscienti emergono nel sogno ad uso del sognatore).
La Spielrein, cercando di centrare il bersaglio nel trattare il complesso argomento del lavoro onirico, azzarda interessanti paragoni tra linguaggio del sogno e linguaggio arcaico, linguaggio del sogno e Preconscio, linguaggio del sogno e lingue che non distinguono le coordinate temporali con esattezza come il russo; inoltre, Spielrein cerca di cogliere gli aspetti atemporali dell’elemento onirico nelle sue complesse sfaccettature. 

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