"Nel corso della stesura di questo lavoro, mi sono trovato a sostenere il diritto di non comunicare. Questa era una mia intima protesta contro la spaventosa fantasia di essere sfruttato all'infinito, ovverosia contro la fantasia di essere mangiato o inghiottito, o ancora, contro la fantasia di essere scoperto.
Secondo me nella persona sana c'è un nucleo della personalità che corrisponde al vero Sè, questo nucleo non comunica mai con il mondo degli oggetti percepiti e il singolo individuo sa che esso non deve mai essere in comunicazione con la realtà esterna o influenzato da questa. Sebbene le persone sane comunichino e godano di questo comunicare, è pure vero l'altro fatto, ossia che ogni individuo è isolato, costantemente non comunicante, costantemente ignoto, di fatto non scoperto. Al centro di ogni persona c'è un elemento incomunicato, inviolabile, che è sacro e va preservato.
Il problema è: come stare isolato senza dover perciò essere distaccato? La risposta potrebbe venire dalle madri che possono comunicare con i loro piccoli solo nella misura in cui essi sono per loro oggetti soggettivi. Nel momento in cui gli infanti cominciano a percepire obiettivamente le madri, essi hanno già appreso a dominare diverse tecniche di comunicazione indiretta, la più evidente delle quali è il linguaggio. Esiste tuttavia un periodo transizionale, che mi ha particolarmente interessato, nel corso del quale si presentano oggetti e fenomeni transizionali che cominciano a fondare nel bambino l'uso dei simboli.
Secondo me, una condizione importante per lo sviluppo dell'Io sta in questa zona della comunicazione dell'individuo con fenomeni soggettivi, che sola dà la sensazione del reale. Nelle circostanze più favorevoli ha luogo l'accrescimento e il bambino possiede ora tre linee di comunicazione: la comunicazione che silenziosa per sempre, la comunicazione esplicita, indiretta e piacevole, e questa terza o intermedia forma di comunicazione che dal gioco si diffonde in esperienze culturali di ogni tipo.
La comunicazione silenziosa è legata al concetto del narcisismo primario? Le idee che siamo venuti esponendo hanno una portata pratica: esse ci suggeriscono che nel nostro lavoro dobbiamo tener conto del fatto che la non comunicazione del paziente può essere un contributo positivo, e ci impongono di chiederci se la nostra tecnica permette al paziente di comunicarci che non comunica. Il paziente può comunicare questo, solo se noi siamo pronti a cogliere il segnale con cui ce lo comunica e sappiamo distinguerlo dal segnale del disagio legato ad un'impossibilità a comunicare. In quanto stiamo dicendo c'è riferimento al concetto di essere solo in presenza di qualcuno, condizione che costituisce anzitutto un evento naturale della vita infantile e che in seguito è subordinata all'acquisizione di una capacità di ritirarsi senza perdere l'identificazione con ciò da cui si è ritratti. Questa capacità si manifesta anche sotto forma di capacità di concentrarsi su un compito.
Ho cercato di dimostrare l'esigenza di riconoscere questo aspetto della salute: il Sè centrale non comunicante, immune per sempre dal principio di realtà, e silenzioso per sempre. Qui la comunicazione non è non-verbale; è assolutamente personale, come la musica delle sfere; essa rientra nell'esser vivo. E nello stato di salute, è da questo che sorge naturalmente la comunicazione.
La comunicazione esplicita è piacevole e implica tecniche estremamente interessanti, compreso il linguaggio. I due estremi, la comunicazione esplicita che è indiretta e la comunicazione silenziosa o personale, che fa sentire reali, hanno ciascuna il proprio costo, e nella zona culturale intermedia esiste per molti, ma non per tutti, una modalità di comunicazione che è un compromesso quanto mai prezioso".